A mia madre

(Vergoni Gilberto)


Ammiro vestigia di una antica città.
Chissà come erano i colori, i suoni; chissà come le musiche.
Vedo il perimetro di quel che rimane
e ne intuisco la bellezza e le forme finite
e ne intuisco la nobiltà e l'orgoglio.

Apro gli occhi e sento
rallentati echi di bisbigli,
frasi troncate affogate in ricordi incompiuti e persi
che tornano d'un tratto come il frinire di mille cicale.

Donna d'altri tempi e di sempre:
perno solido e malleabile
oppure colonna del tempio mai finito
che nei figli ha infuso i suoi numi.
Comunque sola.
Muta testimone di antichi suoni e perduti colori.