A mia madre |
Ammiro vestigia di una antica città. Chissà come erano i colori, i suoni; chissà come le musiche. Vedo il perimetro di quel che rimane e ne intuisco la bellezza e le forme finite e ne intuisco la nobiltà e l'orgoglio. Apro gli occhi e sento rallentati echi di bisbigli, frasi troncate affogate in ricordi incompiuti e persi che tornano d'un tratto come il frinire di mille cicale. Donna d'altri tempi e di sempre: perno solido e malleabile oppure colonna del tempio mai finito che nei figli ha infuso i suoi numi. Comunque sola. Muta testimone di antichi suoni e perduti colori. |