L'angelo di pietra

(Cibotti Anna)


I corpi ingolfati in vecchie lane scure, seduti composti su sedie differenti e instabili, portano facce grigie e rigate dagli anni.
Camilla li guarda tutti e non incrocia un solo sguardo.
Assorti in pene e pensieri, si guardano l'un l'altro senza vedersi, silenziosi.
C'è un'aria pesante e afosa che gli aliti rendono sgradevole.
Uno sguardo all'orologio è il gesto comune che rivela l'attesa di qualcuno che tarda.
Ma come ogni volta arriverà.
Tardi, ma arriverà.
La sala d'aspetto è piena.
Qualche colpo di tosse e un lieve brusio sono interrotti da una voce.
«Ecco il dottore.»
Sente un'infinita tristezza.
Si vede in ognuno di loro.
Presto, tra pochi anni.
Esce di corsa.
Le manca l'aria e si avvia nel viale alberato calpestando le foglie scricchiolanti.
Cammina veloce e sente che qualcosa non va.
Alza la testa e nota che i colori dell'autunno sono spenti.
Non sono più nemmeno loro, quelli di una volta!
Hanno perso le tonalità calde, intense e variegate, che li rendevano speciali.
Forse anche il suo sguardo si è scolorito col tempo.
Quel pianto represso troppo a lungo le ha inaridito gli occhi.


Cammina veloce ma il peso della sua malinconia comincia a rallentarne il passo.
L'accompagna l'ombra di una solitudine irreale e impalpabile.
Un'ombra che la sera sta spalmando sulle case, sugli alberi, sul mondo.
Due innamorati, stretti nell'abbraccio intimo del loro sentimento esclusivo, le strappano un sorriso tenero e amaro.
Li vede camminare a passo lento e diventare sempre più grandi mentre si avvicinano.
Quasi li sfiora, ma loro passano senza vederla.
Da una piccola finestra con le inferriate bombate su un davanzale fiorito, trapela una luce.
E' quasi ora di cena, pensa meccanicamente.
E' un riflesso condizionato quello che la porta a pensare alla sua tavola con un piatto solo.
Non ripensa ai momenti vissuti prima.
I suoi ricordi vivono un lutto che la mente non riesce ancora a elaborare.
Non tornerà a casa.
Almeno, non subito!
«Camilla... Camillaaa!»
Si sente chiamare e si guarda in giro.
Passano due ragazzini in bicicletta che strillano e ridono.
Non sono loro.
Nessuno la chiama.
Sarà il mio angelo custode, mormora ironica.
Una piega amara le segna la bocca mentre cammina.
Si chiede cosa mai ci faccia ancora in giro, quando nemmeno i gatti stanno in strada!
La bianca sagoma di una villa si staglia nel buio della sera.
Gli enormi alberi tendono le loro braccia nude verso un cielo senza luce.
Stanno lì, immobili come guardiani della notte.
Una colonna, a lato del grande cancello, con sopra una figura scolpita, attira l'attenzione di Camilla.
Si avvicina per guardarla.
E' un piccolo angelo di pietra.
Con un dito ne accarezza il profilo e le ali.
Una è sbreccata e ruvida al tatto, ma non le importa.
Un tiepido calore e un senso di pace la invade.
Quelle ali sono come un abbraccio per lei che le sente addosso come un caldo mantello.
All’improvviso non è più buio.
E piange.
Piange finalmente lacrime trattenute in gola da troppo tempo.
Lacrime che placano l'intimo tormento.
Gocce salate che lavano i suoi occhi opachi.
Gocce che cadono sul viso dell'angelo di pietra.
Bianche e trasparenti come perle rare.