In Utero

(Di Paola Claudio)


( A mio padre )

Avrei voluto vederti sgusciare
furbo dai cardini stabiliti del tempo
ma ti sei ripiegato in te stesso
come feto alla scintilla madre
segreto, tra i fori di Pantalica.

Sei muro di seme che
vagisce fuori da questo filo di sabbia
che scorre tra le ampolle.

Sul tuo scheletro è piantato
l’albero della terra, gola
profonda del mio lungo respirare.

Come posso ingoiare il sole?
Come posso togliere i tuoi occhi dalle
mie scarpe da viaggio?

La forza delle tue parole non
lascerà mai scoperte le mie spalle e
ti accolgo come un infante,
come primogenito, come roccia che si sdoppia
mentre mi inerpico nel mondo.

Sono il tuo seme fermentato
il sottile aroma del tuo turibolo
l’alito che hai emesso quella notte nel
ventre di mia madre.

E mi hai circondato come placenta

invaso i polmoni, idratato la pelle
protetto il cordone ombelicale che
mi ha indistinto dalla tua donna
eri il mio liquido amniotico
il sorriso che mi merlettava l’anima.

Come cieco ora vago
mi accoccolo al tuo sapere
per nutrirmi del colostro della terra
di parole prime che mi sorprendono
ogni volta di
quel vento umido del divenire.