L'ultimo vuoto

(Trapasso Maurizio)


Non voglio aggiornare i passi di quel piccolo Dio terrestre
che discute con l'acqua nell'ombelico.
Perché l'ultima volta che stettero gli alberi con la guancia sporca,
gli astri divennero amichevoli,
compassionevoli,
come l'addio che vola sul silenzio delle ossa,
o come quella salatura aromatizzata del versante di sonagli.

Continuiamo ancora nel tavolo a sprecare le ultime gocce di vino
in quella sorgente di gomitoli delle anime rugose.

Ma non fummo sempre l'oracolo di una stella lontana.

Anche l'insonnia ci dormì le gambe
e la quarta vecchiaia dei campi di grani aggiunse un sorso di pazzia.

Tuttavia i capricci mi denunciano come grido silenzioso,
come fuoco spento nella nera torcia dell'inesistente,
come fondo di catrame dove pestano i miei ormeggi più gentili.

È lì dove le nostre galassie si mascherano con le caviglie
stanche della mia lettera morta,
della fuga delle rondini che goffamente scoprono l'ultimo vuoto
e che disadorne sono come le voci quando cantano l'aurora.

E se lo spazio torbido che ci svoglia morì già qualche volta
perché ancora i silenzi seguono silenziosi.