Roma Metropolitana

Una cacofonia di silenziosi pensieri,
orme su orme già tracciate,
persone senza volto,
senza nome,
percorrono la stessa via tutti i giorni,
urtando l’anonimo compagno di viaggio,
respirando la stessa corrotta aria.
Uomini, donne chiusi in se stessi,
vagano inseguendo un’utopia,
nella solitudine di una vita spietata.
Città che è tempio solenne e triste,
che calca scenari amari,
cori che rifiutano dialoghi,
indifferenza muta, solitario pianto.
Cortei inneggianti, sirene urlanti,
semafori fissi  sul rosso,
emblemi metropolitani che non stupiscono.
Vagabondi coperti di cartone,
ubriachi stesi a terra in un sonno artificioso,
mani tese sempre disattese,
suono di campane sepolto dal frastuono.
Una via qualsiasi,
una via che è memore di altri passi,
che sapeva di mani tese.
Dov’è la mia città,
dov’è il suono delle campane,
Il canto del Tevere,
il riso delle mille fontane?
Dove sono quei profumi in primavera,
quegli aromi di cibo genuino,
quei pianti che univano i vicini?

Roma, mia amata Roma,
ovunque per le vie del mondo,
ti trovo nelle pieghe vive 
radici immortali dei natali.
 
In terre straniere mi canti le notti,
soffiando il ponente sui miei giorni,
mi chiudi gli occhi riempendoli 
di sogni vitali nell’ora del presente. 

Sussulti d’amore son i saturi silenzi,
nella memoria che urla nostalgia,
al riparo di mura e odor di pini,
su per i colli a navigar d’acqua la vita.

Son qui, Roma,
appoggiata alle tue porte,
apri il passato per un’ora sola,
ch’io possa in te adagiare il mio riposo.
data autore commento (si può commentare solo se si è loggati)
01-12-2016 Redazione Oceano Nel consueto che è ciò che lambisce chiunque e in ogni dove, i tuoi versi danzano amari nel presente, rintoccando i ricordi spersi del passato. Se solo la tua amata città potesse aprire uno squarcio su ciò che era, non sarebbe così triste la tua malinconia, poggiata su un cielo che non senti più tuo.

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Pubblicata il 20-11-2016

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