Juliet e l’amore di un nobile Cavaliere

(Benatti Graziella)


Lungo il naviglio tra tetre nebbie un’ombra di se s’incamminò verso la via accostata dal fiume tra ciottoli bianchi cristallizzati d’acqua come gocce assopiva la sua mente, vagheggiando nei flutti ondosi dolci che esprimevano un suono cullante, la sua mente fu invasa da preoccupazioni, il lavoro che non arrivava, le tasse da pagare con i contagocce di soldi ancora più stretti tra i suoi jeans rispolverati dall’armadio dell’epoca; lungo una figura asciutta e piegata dal dolore di una malattia degenerativa si addentrava nell’acqua fredda del naviglio. Seduta sul selciato con le gambe ammollo e quelle gocce che rigavano il suo viso di un sorriso spento tra ricordi di bambina s’affollavano nelle sue ombre lunghe che le ricoprivano i passi all’alzare del sole.
Si distese sul quel giaciglio con il viso verso il cielo; guardava quell’azzurro uniforme velato da sottili nuvole che correvano nell’emisfero addentrandosi nei raggi affievoliti da una fredda mattina, si assopì e la mente viaggiò insieme alla nuvole; distesa nel contorno del silenzio iniziò il suo viaggio apparve un destriero l’atmosfera cambiò all’improvviso le vie erano attorniate da capitelli e manufatti di epoca ottocentesca, un cavaliere le si avvicinò scese dal suo destriero e fu l’inchino soave che le regalò un sorriso sulle labbra, le prese la mano e di un sorriso accennò al baciamano, la ragazza esile figura ancora nel cuore suo triste arrossì non credeva ai suoi occhi di avere davanti un giovane cavaliere, si guardò attorno facendo una piroetta guardandosi attorno per capire in quale posto era, capì di essere in un epoca diversa, sussultò il cuore dall’eleganza che i suoi abiti le donavano una figura più slanciata, armoniosa e sensuale. Indietreggiò nell’apparire un dolce viso lineare che armonizza quella vecchia figura appena assopita. Timidamente si fece avanti protesa verso il suo aitante cavaliere, sussurrando a se stessa l’immaginaria bellezza che esso emanava, non credeva possibile tutta questa bellezza, in un tempo a lei sconosciuto, come sconosciuto era l’intraprendente cavaliere tese allora la mano e si fece guidare lungo ciottoli antichi impreziositi da piante in fiore, edera che adornava i lampioni come fossero ponti sospesi nell’aria, si guardarono negli occhi e di lì a poco il sussurrare del cuore emanò quel dolce calore; scivolando in un dolce tocco di mani gli uccellini volteggiavano nel saluto del mattino, fischiettando il soave aitante cavaliere le cominciò a parlare, la conversazione fu sorprendente e armoniosa di gesti nobili; iniziò a domandarle timidamente perché fosse triste, quale pensiero la assillava, lei lo guardò negli occhi in un attimo per poi sfuggire a quella domanda, temporeggiava dinanzi a pudore di quello che stava attraversando, voleva riemerge e continuare a sorridere a quella vita che gli era stata donata, si rimise a guardarsi attorno e lungo quel viale ricoperto di fiori primaverili le regalò quel tumulto di freschezza, le apparve una giostra antica con cavalli ondeggiavano in un suono armonioso, squillante, tirò la mano del cavaliere per correre verso quella giostra con gocce di lacrime che svolazzavano nella rincorsa verso il cielo e il suolo, si affrettò a raggiungere quella giostra ridendo e piangendo, in un misto di sensazioni intrinseche tra loro; guardò il cavaliere dicendogli saliamo sorridendogli le sussurrò che le avrebbe raccontato ogni suo pensiero, ma aveva bisogno di trasalire quella gioia prima di addentrarsi nella malinconia che era il suo passo di vita, lungo il percorso d’immaginaria bellezza di un sogno le si riprese quella figura a lei conosciuta di se stessa, asciutta e debilitante, ancheggia tra le sue lacrime cercando di non urlare dal dolore dentro se. Il cavaliere le pose una carezza e Jiuliet si tranquillizzò, sorrise e iniziò il lungo racconto a lei doloroso di una malinconia mai passata tra le strette sofferenze ma di un attimo di speranza nell’animo suo riecheggiava ad ogni fiore o cinguettio che all’alzare dell’alba incontrava nel raggio di sole; fu l’iniziò che interpretò come un miracolo della natura, quello della nascita di una vita, le sue manine piccole i suoi piccoli passi, osteggiavano paura per una nascita difficoltosa, là il suo sole le regalò la luce, iniziò a descrivere al suo bellissimo cavaliere dai modi nobili le sue piccole conquiste di vita, non voleva far saper il suo dolore qual’era, ne aveva titubanza per la immane sofferenza che nel suo animo ancora le recava anche se ne aveva sconfitto e rivalso la sofferenza recatasi a lei e a quel grembo materno. La giostra si fermò per far scendere le persone, scesero anche loro due e si sedettero su una panchina ornamentale da riccioli d’oro, le chiese quale era la sofferenza che Juliet e la madre avevano subito, dentro a questo umile uomo si celava una malinconia per quel viso umile che davanti a lui era fragile, voleva avvolgerla in un abbraccio, come fosse una coperta per riscaldarla d’amore, ma Juliet non riusciva ancora a fidarsi bene di quel uomo davanti a lei che le donava si sicurezza ma che al tempo stesso era una figura forte e distaccata; era imprigionata nella sua difesa di catene mai abbandonate dell’essere umano padrone; si Juliet aveva avuto problemi di violenza famigliare, quel padre che doveva donarle appoggio, rifugio, sicurezza, conforto, di essere la base per il suo futuro; non era così; guardò il suo cavaliere e sibilò quella parola “violenza” nell’animo dell’uomo si spezzò in mille cristalli attorniati da sangue, incredulo lui che non conosceva la violenza ai danni della sfera femminile, lui che abitava in un epoca di eleganza e di rispetto verso l’essere umano, non si capacitava di tale parola; l’accarezzò sul viso con un leggero tocco, Juliet iniziò il suo sofferto racconto; negli anni lungo il suo percorso di crescita cominciò la sua umiliazione, suo padre le rendeva ogni sofferenza nell’animo recandole ferite indelebile dentro se stessa, facendola ripiegare ogni qualvolta che nel suo cammino faceva una conquista di vita, era come se questa esile bambina agli occhi del padre non fosse in grado di divenire una bellezza e una forza nell’osteggiare il mondo; in natura si sceglie il più forte per non temporeggiare con i figli deboli; ma lei non era debole nel suo animo riecheggiava una forza invisibile, ma il padre era ostinato a trattarla come una persona che non doveva esistere, ma c’era, ed era un bel fiore nato da un rapporto di condivisione d’amore, lui non voleva osteggiare la figlia anzi la ostacolava in tutte le sue intraprendenze e manifestazioni di una ragazza molto matura e molto intelligente. Ogni qualvolta che s’impegnava nello studio ottenendo ottimi risultati veniva denigrata, offesa da quel padre con parole come lame affilate arrivavano al cuore di Juliet, la sminuiva ogni volta rendendola sempre più debole psicologicamente, non trovando mezzi per spezzare quelle umiliazioni vessate ai suoi danni; anche la madre veniva presa con ferocia le sue donne di casa umiliate per l’essere femminile; il cavaliere fermò Juliet si rese conto che quel racconto iniziato che si stava incamminando in lacrime non doveva andare oltre, voleva ritrovare la gioia sul volto di Juliet, indicò a Juliet la strada per incamminarsi verso una via dove a pochi metri si trovava una caffetteria elegante affrescata da dipinti ottocenteschi che davano un tocco al confluire d’incontri piacevoli e socievoli davanti ad una bevanda calda con il suo aroma dolce e il color nero che inebriava all’amicizia; Juliet si schiarì la voce in un attimo di malinconia percorrendo quel che era il suo passato disse al suo aitante uomo andiamo si ho proprio bisogno di un dolce aroma che possa sferzare questa malinconia. S’incamminarono lungo la via e arrivati si sedettero al tavolino immerso in affreschi murali e di specchi ornamentali dando quel tocco di eleganza nobile; si avvicinò a loro una dolce barista che pose a loro il menù della casa sfociando un sorriso di benvenuto disse potete consultare con tranquillità il menù si allontanò per servire altri clienti che entrarono prima di loro, una battuta veloce sibilò tra loro e gli sguardi s’incrociarono attesero un attimo s’avvicinarono al loro tavolo altri clienti, posero un sorriso e iniziarono a conversare con Juliet e il cavaliere da lì a poco l’atmosfera divenne amichevole e benevole nella conversazione tralasciando i pensieri che in quel momento Juliet le si attraversavano, da un incontro fortuito ebbe la sensazione che nella sua vita poteva accadere, non lasciandosi andare per un male che la stava portando sempre più debole e le mille difficoltà economiche che attraversava per il fatto che a causa del suo problema complesso non poteva trovare un umile lavoro, le spuntò un sorriso da quel selciato in cui era, il sole le scaldava il viso e il respiro si faceva più profondo libero come le ali di un angelo volteggiava, continuò nel suo sogno a rimaner estasiata da quell’armonia che trasmetteva dentro di se regalandole gemme preziose da portar lungo il suo percorso di vita; il cavaliere al suo lato in quella caffetteria con gesto elegante le pose un piccolo dolce che Juliet ringraziò per l’offerta, la conversazione prese quell’armonia che suggellava mille risate dinanzi a un uomo che le dava sicurezza e forza di condurre la sua umile battaglia e continuare a inventare il suo sorriso, dinanzi a mille peripezie della vita; gioiosa continuava a guardare quell’uomo così bello dentro e fuori, ma quello che l’attirava era quella sensazione che le donava, non riusciva a staccare lo sguardo dai suoi occhi, quel senso di quiete e armonia che in esso le dava, si sentiva libera, rinforzata per combattere le ingiustizie che lungo il suo cammino avrebbe incontrato.
Nel susseguirsi del dialogo in uno sguardo intenso e profondo si instaurò verso il suo cavaliere, Juliet entro in contatto con l’anima del suo accompagnatore e di lì iniziò un percorso lungo le arcate vene suggellando così una sensazione rara e strabiliante, scorrendo verso l’essenza di essi capì che quello era un’anima pura “Angelo” che nel suo sogno le voleva comunicare che l’armonia in se stessa le avrebbe dato la base per affrontare le varie fasi della vita. Un dialogo interiore s’innescò fra loro per qualche secondo furono estraniati da quella conversazione che si stava tenendo al tavolo con gli altri amici, un sottile tocco le suggello un’armonia in essa regalandole una gemme preziosa nel suo cuore.
Il divenir tra loro si arrestò quando all’improvviso arrivò una tempesta, uno scroscio furioso s’interseco tra ciottoli e il verde creando suoni di note, come canzoni udendone volteggiavano insieme alla pioggia che scendeva imperterrita su essa.
Juliet chiese al suo cavaliere di ritornare a casa, il suo cuore ora più sereno aveva bisogno di iniziare un cammino verso la realtà della vita portandosi con se il suo tocco che non avrebbe mai dimenticato; il cavaliere accolse la richieste della sua madame e ringraziarono gli amici stringendosi la mano dissero ci rivediamo presto e ci sentiamo per un altro incontro sperando che la nostra presenza sia gradita, con un gesto gentile si alzarono e uscirono dal locale ringraziando la proprietaria della caffetteria per l’accoglienza cordiale che avevano ricevuto e dell’ottimo servizio reso con consumazione eccellente. Uscirono dal locale e appari una carrozza coperta il cavaliere le disse a Juliet ponendogli la mano prego madame la mia carrozza ci porterà davanti a casa tua, Juliet si accomodò sul sedile stringendosi accanto al suo cavaliere. La carrozza prese il percorso a ritroso verso vie alberate con frutti inebrianti trasformando la pioggia in petali di rose che fluttuano nell’aria, Juliet guardava fuori dal finestrino e come d’incanto il sole a lei sparito si rifaccio sul suo viso. Guardò il suo cavaliere negli occhi e tese la mano sfiorandolo per suggellare l’ardore che in lei oramai si era fatta strada, di li a poco il sogno stava volgendo al termine rendendo a lei una sensazione soave profumata di raggi solare, che sprizzavano ad ogni battito del suo cuore. Nel recar la carrozza verso quell’ultimo tragitto ci fu uno sguardo tra i due in un fermo immagine si reso l’incanto di un bacio innescando cristalli preziosi divennero nel cielo arcobaleno formando mille drappeggi e archi che varcavano nello stretto di quel l’ultimo addio.
Nel frattempo di quel sogno adagiata a quel giaciglio attorniata dall’acqua del naviglio, Juliet intenta nell’ultimo e inesorabile soffio d’amor, dal cielo scesero gocce di pioggia che inumidivano il suo viso riempito da un sorriso pieno di se stessa; la svegliò in un sussulto dell’ultimo bacio e ancor inebriata si guardò attorno, l’atmosfera divenne normale dei giorni nostri e l’eco di macchine clacson e rumore di mille passi si muovevano furtivamente in torno a lei, si alzò e sorridendo di quel gioioso sogno s’incammino non badando alla sua esile figura e al suo dolore di una malattia, lungo la via cantando allegramente si avvicinò un giovane di bell’aspetto che le porse un sorriso indicando nel viale una elegante caffetteria la invitò a bere un caffè porgendogli la mano con gesto gentile e affabile le ridonò quell’atmosfera appena persa e il continuo della storia riprese il suo percorso. Cosa troverà lungo quella nuova chiacchierata in quella caffetteria, luogo magico e antico le permetterà di nuovo di donar gioia a se stessa, o il suo magico sorriso sarà spazzato via. Juliet si mise incammino accostata a quel giovane gentiluomo, l’incontro fu una nuova scoperta di emozioni ancor da scoprire, e fu così che il suo mondo difficile divenne un arcobaleno di gioia nel cielo grigio della vita.