I premio letterario "Una perla per l'oceano"

Mattino di primavera

(Castelli Mariangela)


Dalla mia vecchia casa solitaria sul colle, il sentiero scende a mezza costa per poi attraversare il prato dell’erba bambina. È il sentiero che porta al lago di Fontanabuona.
Non ci sono più i pescatori intorno al lago di Fontanabuona. Un positivo abbandono ha permesso all’erba di ricrescere sulla stradina che lo circonda.
Sulle sponde sono nate robinie, arbusti, canneti e sulla superficie in ombra le ninfee hanno conquistato il loro spazio, tra verdi alghe affioranti.
Anche la diga di terra che chiude il lago a valle è mimetizzata da piante e cespugli, tanto che è difficile capire che si tratta di un bacino artificiale.
L’acqua verde riflette la luce che filtra attraverso gli alberi della sponda opposta. Il ruscello emissario del lago scorre veloce, incassato tra le rive a strapiombo.
Una forza misteriosa mi invita a seguire il corso del torrente le cui sponde sono assediate da una fitta vegetazione. Dall’acqua sento salire una melodiosa voce femminile che canta il ritornello di una delle più famose canzoni francesi di tutti i tempi:
Quand il me prend dans ses bras, il me parle tout bas, je vois la vie en rose…
Per quanto mi sporga tra gli alberi non vedo l'acqua, ma sempre solamente la riva opposta. In nessun modo riesco a scorgere la persona che ripete continuamente i tre versi del ritornello, solo quelli.
La voce si muove lentamente nello stesso senso della corrente. Lo sciabordio mi fa pensare che l’acqua scorra abbastanza veloce, formando piccole rapide tra massi e spuntoni di roccia.
Se è una ragazza, deve essere sicuramente una campionessa di rafting.
L’armoniosa serenità del canto contrasta con l’impeto dell’acqua e la conseguente difficoltà nel governare il gommone. Forse sono due persone, una guida e l’altra canta.
La forza misteriosa, se prima mi invitava, ora mi costringe a seguire quella voce carezzevole. Come una sirena mi attira e la mia volontà ne è soggiogata.
A fatica mi faccio strada nell'intrico delle liane e dell'altra vegetazione spontanea del sottobosco. Per fortuna, scendendo verso il fondovalle, a poco a poco le piante si diradano ed anche il groviglio si dipana lasciando spazio ad una radura erbosa.
Il mio cammino diventa ora più agevole.
Percepisco il canto ora più forte, ora più flebile. In certi momenti diventa appena percettibile e addirittura sembra provenire da sott'acqua. La profondità della forra pare diminuire, a tratti comincio a vedere l'acqua verde scorrere sotto la parete opposta. La sponda su cui cammino diventa sempre più praticabile. Vedo a tratti un luccichio argenteo sul pelo dell'acqua che velocemente sparisce. La comparsa dei bagliori corrisponde ai momenti di canto più limpido, mentre la scomparsa coincide con il canto più ovattato.
Finalmente il corso d’acqua si distende calmo e solenne. Realizzo che il luccichio da cui proviene il canto, è prodotto da un pesciolino verde che lancia riflessi argentei quando guizza fuori dall’acqua, ad intervalli più o meno regolari.
Il pesciolino procede a velocità sempre maggiore ed io, incredibilmente riesco a seguirlo senza fatica. Il torrente ormai è diventato un fiume che scorre in un’ampia verde valle, accogliendo, ora a destra, ora a sinistra, piccoli e grandi affluenti.
Come un serpente si inoltra sinuosamente in una verde campagna. I prati si alternano a ordinati filari di viti che sembrano formare pagine di musica su cui danzano i tralci di giovane vegetazione, come note in libertà. Il fiume, diventato grande, sfiora città e paesi e poi riprende a disegnare anse. Le sue acque sono sempre verdi e il piccolo pesce continua il suo viaggio e il suo canto.
Poi il paesaggio cambia repentinamente, il fiume si insinua prepotentemente in una grande città, i ponti si susseguono a decine, i rumori coprono il canto e perdo di vista il pesciolino.
Mi guardo intorno smarrita e, mentre svanisce di fronte a me la sagoma grandiosa della torre Eiffel, vengo colpita dalla luce accecante che entra dal lucernaio della mia mansarda.
Non devo più lasciarmi convincere da quelle tre sciagurate ad andare in pizzeria il venerdì a mezzanotte dopo la palestra.
E poi ieri sera Gegè ha esagerato con quella montagna di rucola sulla mia pizza.