La terra infinita

(Baldinu Stefano)


(le mie radici)

Capita, a volte, che io mi sieda
più in là dove le ombre se ne vanno
sazie di colori ad incontrare a notte
un acquazzone di stelle
a contare sulla punta delle dita
il tempo lasciato appassire
senza che io ritagliassi un'orma
per tornare a te.
Sarà che devo molto alla polvere
d'agosto secca tra i filari
o al profilo selvatico della menta
che io contenderei ancora ai muri a secco
un riparo, un silenzio, una goccia di sudore
ben voluta da Dio.
Capita che io ricordi con emozione
la figura alla deriva del mio vecchio
che ritorna dall'orizzonte di quella via in bilico
sul margine felice delle prime piogge di luce
a cantare come un innamorato una nenia al vento.
Da molto il mio piede non è avvezzo
agli stratagemmi delle radici innestate nell'anima della terra
mentre la storia delle nuvole dai volti di donne
va spremendo nel solco delle pieghe del cuore
la maturità del sangue come un lampo selvaggio
scagliato sulla superficie impareggiabile del silenzio.
Ma ora che le ignote lontananze mi serrano
alle voci deposte delle cicale io cerco di irrorare
la punta delle mie radici nel suono obliquo
dei flauti, nel tempo che avanza a invadere
il chiaroscuro andirivieni attorno a questa terra infinita.