Serracapriola di Nico Napolitano

Nicola Napolitano, esperto in racconti storici, presenta il suo ultimo libro "Serracapriola"

Per la presentazione di questo nuovo libro di Nicola Napolitano, intitolato Serracapriola - Un millennio di antiche vicende e racconti storici ed edito da Oceano, riprendo qui, in parte, ciò che già, per il passato, ebbi occasione di esprimere come prefatore delle sue prime esperienze nell’ambito dei suoi racconti storici.

La tecnica letteraria del ‘racconto storico’ è quell’espediente tramite il quale uno scrittore escogita di vivere dal ‘di dentro’ una vicenda storicamente avvenuta e, nel contempo, di comunicare al lettore le proprie emozioni in maniera diretta, viva, trasmettendole in un coinvolgimento che ha il pregio dell’immediatezza nella comprensione dei fatti, ben lungi dall’asetticità della saggistica. È, in fondo, una drammatizzazione degli eventi e, per ciò stesso, rende possibile la condivisione di sentimenti con personaggi lontani nel tempo e comprensibile la dinamica delle loro pulsioni, dei loro atti, delle scelte, nonché dei conflitti e di quant’altro. E l’occasione di ‘aggiungere del proprio’, come, ad esempio, personaggi non realmente esistiti eppure potenzialmente “esistibili” per la loro aderenza all’epoca storica e ai fatti della vicenda narrata, non è da considerarsi operazione biasimevole od impropria e soprattutto non lo è quanto più l’autore s’accosti alla verosimiglianza e si discosti dalla mera fantasia. A volte, poi, può anche accadere che il racconto s’interrompa nel vago e nell’inconcluso, e ciò a tutto vantaggio della credibilità e, in certo qual modo, della storicità: vi fossero infatti, delle aggiunte ‘fuori posto’ da parte dell’autore, ciò avrebbe sì l’esito da lui voluto, quando invece non sia più opportuno il contrario.

Nicola Napolitano ha scelto di coltivare, nei suoi scritti, per l’appunto il filone dei racconti storici e, devo dire che, ad oggi, con: San Severo nel 1600: Scene di vita quotidiana …; Il mistero di Trigorio; Il segreto dei Cavalieri del tempio; Chou d’amour. La vera storia del piccolo Luigi XVII, solo per rammentare alcuni titoli, ma tanti altri ancora ne potrei menzionarne, vuoi in volumi singoli, come, ad esempio, In diretta dal passato … (del 2016), vuoi come autore in compresenza in diverse antologie (recentissimamente in Terre d’Italia, con Il mistero di marmo), non ha mancato di dimostrare una vena costantemente attiva, sorretta da una spiccata e appassionata curiosità di ricercatore, nella consapevolezza che - come lo stesso Autore afferma, citando l’Helvètius nella presentazione di questo suo nuovo libro - “la storia è il racconto dei fatti, i racconti sono la storia dei sentimenti”.


Che vuol dire questo? Vuol dire che al fondo della divisione dei compiti e delle possibilità che regge l’impalcatura concettuale del genere letterario storico in questione, torna in gioco l’antica distinzione fatta dalla Poetica di Aristotele, circa la differenza tra Narrativa e Storia. Lo storico e il narratore differiscono tra loro in quanto l’uno riporta rigorosamente le cose accadute, l’altro, liberamente, quelle che ‘potrebbero’ essere accadute. Per questo motivo la Narrativa ha possibilità maggiori di spaziare anche tra i sentimenti, mentre la Storia si attiene strettamente ai fatti. La Narrativa sta all’universale come la Storia sta al particolare. Il narratore-romanziere storico, mosso dallo stimolo di conoscere lo spirito della Storia, rivivendola dal suo interno, crea, per così dire, una fiction sul resoconto del passato e vi si introduce tramite personaggi frutto d’invenzione e tuttavia verosimili, i quali, se in un primo momento sono mossi come marionette dal narratore, in un secondo momento acquistano autonomia e si liberano dai fili per vivere da soli nella Storia. E allora ci si accorge come le ‘finzioni’, quando ben condotte, dicano, non di rado, verità più ampie e convincenti rispetto a quelle dei documenti dello storico di professione, costretto e ghettizzato dall’aderenza documentaria avvertita come imposizione e come impossibilità di esprimere in saggistica la propria visione realistica d’un evento non vissuto dall’interno. Va pure, tuttavia, affermata e non certo sminuita l’importanza fondamentale del lavoro dello storico-saggista, senza il quale il narratore rimarrebbe privo di ogni substrato e supporto per le sue novelle.

Ma veniamo, ora, più da vicino, al contenuto del libro Serracapriola, del quale, fra l’altro, l’Autore, ottimo fotografo, ha curato anche l’immagine di copertina, oltre che il corredo iconografico. Di esso egli dice che lo ha scritto sperando che “possa contribuire a far conoscere meglio la storia degli ultimi mille anni ai Serrani e le vicende avvenute e raccontate dai loro antenati” ed aggiunge “(raccontate) anche con un pizzico di immaginazione”. E, già dal breve resoconto che fa all’introduzione delle storie trattate nel suo libro, dopo la bella prefazione di Virginia Carducci, anticipa sinteticamente i contenuti espressi dai titoli dell’indice, ossia, dopo l’Antefatto, in cui vengono rievocati gli inizi del Borgo e la fondazione di Serracapriola, i titoli che si susseguono sono: Il Conventino - Miracolo a Serracapriola - La terra trema - La libertà negata - Il bosco dei briganti - Il giovane frate - e poi, a conclusione, c’è un Epilogo di cui dirò.

E, dunque, partendo dal concetto che un libro va letto e non acquistato per essere riposto intonso su di uno scaffale né, soprattutto, raccontato da altri, quale potrei essere io, che me lo sono letto per intero e con grande interesse, a ché varrebbe che ve ne facessi il riepilogo o che ve ne celebrassi ulteriormente la piacevolezza della lettura, della quale l’amica Virginia - con cui pienamente concordo - ha già scritto in prefazione: “Lo stile narrativo è realistico, semplice e scorrevole. Si è catturati e incuriositi da questi pezzi di storia descritti con grande maestria e dovizia di particolari, il tutto arricchito dall’immaginazione dell’autore che riesce a rendere piacevolmente gradevole la fruizione di ogni singolo racconto”?
Considerando i titoli, penso che ogni Serrano abbia già compreso, mentre li elencavo, di quali storie si tratti: Il Conventino è la rievocazione della vicenda della fondazione del Convento dei Cappuccini, dovuta alla munificenza della principessa Del Balzo, nella prima metà del ‘500; in Miracolo a Serracapriola si narra del prodigio avvenuto in S.ta Maria delle Grazie, dell’atto sacrilego del Turco e della fuga dei Saraceni invasori; in La terra trema si narra degli effetti disastrosi dell’evento sismico del 1627; ne Il bosco dei briganti si rievoca la vicenda del brigante Cicognitto e del suo impensabile spirito di giustizia ed umanità; e, quanto a Il giovane frate, vi si parla di Padre Pio da giovane e degli aneddoti che Lo riguardarono quand’Egli, studente di teologia, soggiornò per qualche tempo presso il Convento dei Padri Cappuccini di Serra. Tutte queste vicende storiche il Napolitano riprende con ricchezza di particolari. Ad ogni modo, il libro narrerà ai più giovani vicende che, forse, apprenderebbero per la prima volta; e, questo, è, senza dubbio, per valore educativo orientato alle nuove generazioni, uno dei pregi del volumetto. Resterebbe, invece, una storia, intitolata La libertà negata, che, a prima vista, potrebbe avere indotto a chiedersi: ‘a quale vicenda si fa riferimento?’ … Su questa storia mi soffermerò. Si tratta della storia di quel tal giovane, che, per aver rivendicato il suo lecito diritto sulla propria sposa, si ribella all’illecito ius primae noctis imposto dal Marchese D’Avalos, appostandosi di fronte al castello e tentando di colpirlo a morte con un’archibugiata, ahimè andata a vuoto, attraverso una finestra …
Bene, m’ha sempre attratto questa vicenda e quella finestra murata che, nel prospetto sud del castello, al di sopra del portale, scompagina la simmetria della facciata, nel confronto con l’altra finestra, quella di destra, rimasta da sempre com’era. E la circostanza che il Marchese abbia fatto murare quella di sinistra - attraverso cui era passato il colpo non andato a segno - ad eterna memoria e arbitrariamente per grazia ricevuta, apponendovi all’interno del palazzo un altare con l’immagine della Madonna e decretando, nel contempo, l’impiccagione del giovane, che dire? … Tutto questo m’apre davanti agli occhi della mente e dell’immaginazione, il quadro di un’epoca di soprusi camuffati dall’ipocrisia d’una religiosità piegata ai propri comodi, che segnarono uno dei momenti di massima caduta della nostra storia (e non solo di quella del Sud), che toccò profondissimi abissi di disumanamento. E, nel racconto di Nicola Napolitano, nella vicenda d’amore tenero e di morte di Marianna e Fortunato, questo clima lo si avverte proprio in quanto l’Autore, ‘ha vissuto’, nel narrarla, la storia ‘dall’interno’, attraverso l’anima dei due giovani.
Ma, voglio, a margine di questa vicenda, aggiungere ancora qualcosa. Benché da parte degli storici e degli storiografi si discuta ancora della reale esistenza - legalizzata tramite decreto, intendo - di uno ius primae noctis, non essendovi nelle fonti testimonianze in merito alla veridicità di tale diritto nell’Europa medievale, tant’è che oggi lo si derubrica ad una sorta di mito, ebbene, d’altro canto, nessuno si sentirebbe di negare che i feudatari si siano macchiati di tali soprusi e di tali intollerabili angherie. E, siccome non si sa mai bene quanto si possa procedere in basso nella scala dell’abiezione, vorrei aggiungere un altro particolare assai poco noto: quando il signore feudale aveva trascorso l’infame notte con la giovane sposa ‘di turno’, al mattino, onde umiliarla maggiormente alla stregua di serva (si parla oggi di violenza sulle donne, eh?...), le imponeva di “scopare”il pavimento della camera dell’alcova. Da qui nacque il termine con cui si suole volgarmente indicare il rapporto sessuale.
Bene, è giunto il momento di concludere, essendomi sospinto anche oltre il seminato. Un libro, quando appassiona, induce anche a considerazioni extra.
Ma, prima di chiudere, voglio rammentare il lettore di non trascurare, nel lavoro di Napolitano, soprattutto alla luce del racconto cui ho appena fatto riferimento, quell’Epilogo di cui dicevo: esso è la conclusione geniale di un libro avvincente.

Posted

22 Oct 2019

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Walter Scudero



Foto Rosy Marinelli





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