L’arte di Tieffe, un dono per la vita

Omaggio di Alessia Pignatelli in ricordo di Domenico Mancuso

La vita e storia, ma le storie sono vite presenti ogni volta che decidiamo di raccontarle. Non esiste futuro dato dal nullo passato, poiché il passato e la ricchezza più grande per comprenderci al presente. Cosi, fluida come la penna dei sentimenti, vi racconto l’arte espressiva dell’artista Tieffe che continua a percorrere le nostre vibranti sensazioni, in un tempo che non annuncia un ritorno al passato, bensì indora un viaggio verso il futuro pensare, perche un’opera d’arte non ha una metrica temporale e continuerà a vivere nel contemporaneo per sempre.






Connettersi con l’arte di Domenico Mancuso, ovvero dell’artista Tieffe, non e certamente facile e, sebbene le sue stilistiche e complesse elaborazioni hanno un flusso perforante, incisivo e importante sulla nostra emotività, paradossalmente sono impenetranti nelle sue personali e rispettabili interpretazioni. Cosi, entrando “in punta di piedi” per l’analisi della sua opera donata al Comune di Gorgonzola, cerco di raffigurarne la mia umile visione sperando che possa essere illuminata dai suoi sensibili occhi, ovunque sia la sua anima creativa contornata dall’eterna pace.

L’opera presentata dall’artista, coerentemente senza titolo, e una composizione intervallata da diverse scene che si unificano nell’intemperanza e nell’irrequietezza data dai guerrieri che chiedono giustizia per la tempesta divina alla quale sono condannati. Le donne nude, poste al centro della produzione artistica e non a caso ripiegate su se stesse, sembrano assorbire le preoccupazioni degli uomini, nutrendo la propria elevatezza spirituale e incentrando con forza il messaggio di sopravvivenza oltre ogni difficoltà. Due muraglie laterali socchiudono il passaggio della liberta per limitare gli esseri umani dagli orizzonti desiderati e per indottrinarli ad un cammino conformistico e aspro rispetto agli ingiusti che spesso hanno privilegi immeritati. A mio avviso e un monito sulla vita dei saggi che assorbono le costrizioni dei nulli. “Nulli” nelle loro scelte, nella loro stoltezza di pensiero ma che, al contempo, hanno vite più agiate, più fortunate dei “Giusti”.

Osservando la scena in alto del Cristo in croce vediamo una figura cruda che muore nella sofferenza. Ma dalla sofferenza alla morte qual e il processo seguente che avviene nell’io? Ebbene, in tal contesto, non e a mio parere la rinascita dal male, ma e l’annunciazione del tormento che vibra nell’eterno pensare. Poiché un pensiero può uccidere esercitandone la più dura sofferenza. In altre parole, possiamo dire che una persona può essere viva e può essere morta al tempo stesso. E forse, anche l’artista Tieffe voleva mostrarne la stessa circoscrizione del dolore sulla vita.



Ma continuando con l’analisi descrittiva dell’opera, vediamo in basso due uomini nudi di verità, che mostrano stanchi la loro esistenza ormai perduta nella desolazione di quei sogni irrealizzabili. La madre, nobile anima compassionevole, ne placa le ferite ammantandoli della sua veste in segno di protezione e posando delicatamente la mano sul capo del più afflitto. Ai margini altri due personaggi si mostrano senza veli per simboleggiare la fedele entità morale, indicando consapevolmente quella grata in cui si specchiano le anime prigioniere lasciandosi ingoiare dall’abisso. I cavalli invece, padroneggiano sullo scenario del dipinto scalpitando con un galoppo puro e agguerrito e, montati dai loro cavalieri, intraprendono la direzione opposta al Cristo lanciando un messaggio democratico sulle inaccettabili costrizioni e su quella croce legata alla sofferenza, avventurandosi bensì, in un’altra strada più fruibile e, certamente, piu gratificante sulle scie della propria serenità.

Posted

16 Jan 2022

Esplorando l'arte


Alessia Pignatelli



Foto di Domenico Mancuso





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