A tu per tu con Vittorio Sartarelli

Autore del romanzo "Una vita difficile"

Chi è lo scrittore Vittorio Sartarelli? In tanti, forse in troppi, oggi scrivono libri: perlopiù ci si trova a dover fare i conti con lavori scritti o da ghostwriter o rimaneggiati dagli editor in maniera davvero pesante. lei invece, Vittorio, è uno scrittore passionale che scrive per rac-contare la realtà, soprattutto esperienze per-sonali che possono tornare poi utili al pros-simo.
Sono uno scrittore che si esprime con realismo e semplicità e che si basa sulla linea della più tipica narrativa verista” così sono stato etichettato dalla Dottoressa Pasqualina Genovese D’Orazio, critico artistico letterario dell’Accademia Internazionale “Francesco Petrarca “di Viterbo.


Questa definizione mi onora e mi autorizza ad aumentare l’autostima sulle mie capacità espressive di scrittore. Mi è sempre piaciuto scrivere, sin dai tempi del liceo e soprattutto mi è sempre piaciuto raccontare la realtà delle cose, senza inventare e rifuggendo da qualunque ampollosità letteraria o esibizionismo culturale. Oggigiorno esiste una miriade di nuovi scrittori e molti di loro farebbero bene a cambiare mestiere ma, questo non spetta a me dirlo perché, ovviamente, sarebbe una dichiarazione di parte.

"Una vita difficile" è un romanzo prettamente autobiografico, confessionale oserei dire, dove si racconta la non poco difficile vita del giovane Marco e della sua compagna. Nel suo romanzo, è sempre presente la Fede: anche nei momenti più difficili Marco è forte e si fa forte confidando nella Provvidenza. La Fede quanto è importante per Marco? E per lei?
Una vita difficile è un romanzo autobiografico, come del resto, quasi tutta la mia narrativa.
Ho avuto una vita molto varia e articolata con non poche difficoltà ed essendo ormai prossimo
All’occasum della vita stessa, mi è sembrato utile raccontare le mie esperienze, poiché possono essere d’aiuto alle nuove generazioni e sempre confortato dalla Fede possono essere un messaggio che recepito bene può dare buoni frutti.
La Fede per Marco non solo è importante ma costituisce il motivo più valido per affrontare la vita con serenità e con speranza e, se si ha veramente questa Fede, tutto sarà più facile e le difficoltà della vita potranno essere affrontate e superate con maggiore successo.
Questa è la filosofia di vita di Marco, la quale, compensata e arricchita dalla fervente religiosità di Sara, ha dato i suoi frutti e, poiché Marco è il mio alter ego letterario è stata anche la mia speranza e le mie certezze.

Perché scrivere del giovane Marco adesso, in questo particolare momento storico che è di profonda crisi di valori sociali, politici e religiosi?
È fin troppo evidente che l’intera società attuale è attraversata da una profonda crisi di valori fondanti e fondamentali, nel caos, apparentemente ordinato, in cui oggi viviamo dove sono poche le cose certe che valgono ancora e che funzionano, dove la litigiosità politica e la lotta per il potere, non permettono l’attuazione di riforme necessarie, progetti validi, promulgazione di leggi e provvedimenti veramente utili e necessari alla collettività, sarebbe necessaria una svolta epocale, forte e decisa che crei un’inversione di tendenza all’attuale declino di valori e di principi”.
Così scrivevo nel mio saggio La famiglia oggi pubblicato nel 2009. In conclusione, il messaggio affidato al mio libro è un inno alla vita e ai valori fondamentali di essa con in testa la famiglia, alla quale ridare forza e costrutto nella sua concezione di come era una volta, almeno, fino a sessanta anni fa, avere fede in Dio e vivere la propria vita nel lavoro e nell’onestà, senza accettare compromessi.

Prima di continuare a parlare del suo romanzo, potrebbe dire quali sono gli autori che hanno maggiormente influenzato la sua statura artistica e perché?
Sicuramente i miei conterranei regionali Verga, Pirandello, Quasimodo. Perché anch’essi si sono espressi prevalentemente sulle realtà nelle quali vivevano con quella naturalezza e vivida descrizione di ambienti e personaggi, con osservazioni di chiara matrice saggistica che contestualizzavano i loro lavori. Forse per questi analoghi riferimenti stilistici, alcuni critici mi hanno definito uno scrittore “verista”.

5. Forse sbagliando, penso che lei non segua nessuna moda o corrente letteraria. Non nego che potrei sbagliarmi, ragion per cui m’è d’obbligo chiederle se guarda con partecipato interesse a qualche corrente letteraria, e se si, pèr quali ragioni
Non sbaglia sicuramente e da questo si può vedere il suo “occhio clinico” di critico letterario di spessore. Io non seguo alcuna corrente letteraria, non mi sono mai preoccupato di seguirne una, ho sempre avuto come riferimento la realtà, nuda e cruda a volte ma solo quella, non mi sono mai reso conto di assomigliare o di avere uno stile veristico nello scrivere, ho sempre scritto con la mente ma, soprattutto con il cuore e l’anima senza preoccuparmi di apparire. Io amo definirmi
“un cronista” della mia vita. Certo gli studi umanistici che ho seguito e la breve ma corposa attività di giornalista durante i miei anni verdi, hanno sicuramente influito.

Posted

22 Nov 2023

Incontri ed interviste d'autore


Giuseppe Iannozzi



Foto di Vittorio Sartarelli





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