Alda: mia madre

Dialogo con Barbara Carniti-Merini

Il 21 marzo ricorre la Giornata Mondiale della Poesia, istituita nel 1999 durante la XXX Sessione della Conferenza Generale UNESCO e patrocinata dallo stesso Ente. Una data scelta non a caso in quanto coincide con la nascita di una delle poetesse più amate del panorama letterario contemporaneo, Alda Merini (Milano 21 marzo 1931 – Milano 1 novembre 2009)




Ho letto tanto di lei, di quanto abbia amato o di quanto poco o tanto sia stata amata, del camaleontico sentimento sempre presente e manifesto, limpidamente offuscato o maledettamente illusorio.
Un giorno l’ho incontrata in due occhi scuri e limpidi e ne ho subito riconosciuto le sembianze.
Nello sguardo di Barbara, una delle quattro figlie della poetessa (Emanuela, Simona, Flavia), ho ritrovato la trasparenza e la semplicità che disarma. Durante una delle nostre sporadiche chiacchierate le chiesi di parlarmi non della poetessa di cui tanto sappiamo, ma del rapporto più naturale e forte che ci sia, come può essere solo tra madre e figlia. Le risposte furono rapide e sicure, senza alcun tentennamento o esitazione. Riporto testualmente le parole di Barbara per non contaminarne il senso:

Parlare di Alda Merini, non è cosa semplice. Molte cose si dicono di lei, non a caso è considerata una delle prime poetesse del ‘900. Spesso però, con grandissimo dispiacere per noi figlie, la si associa alla figura del manicomio, come se lei fosse vissuta solo in quel determinato periodo, che l’ha segnata pesantemente, ma lei scriveva dall’età di 14 anni, e i suoi versi venivano letti dal grande Quasimodo, da Manganelli, Pier Paolo Pasolini. Mi sento di dire che in primis lei era Donna, e in seguito madre. Una donna di una intelligenza molto elevata (basti pensare che la sua poesia era estemporanea, senza supporto della scrittura). Quello che vorrei raccontare è un’Alda Merini Madre. Una madre alle volte scomoda ed imponente, quanto fragile. Per lei tutto ciò che era emozione, sia essa positiva che negativa, la trasformava in versi e con questi ci nutriva, credendo che fosse tutto ciò di cui avessimo bisogno... quindi le cose pratiche (cibo, vestiti) passavano in secondo ordine.

E questo è stato vissuto da voi come una mancanza? Vi siete sentite qualche volta messe in secondo piano?
Mai! Come figlia ero affascinata da lei, come Sibilla sapeva ammaliare. Il suo amore per l’essere umano, l’ha portata ad innamorarsi quotidianamente, prodigandosi per gli ultimi senza alcuna riserva. Per me era madre e basta. Non mi importava cosa facesse e chi frequentasse.

Era solita leggervi le sue poesie, parlare dei suoi versi, del suo mondo interiore o era lei stessa la vostra poesia?
Era una donna d’altri tempi, a suo modo concreta, ma parca di gesti affettuosi. Le sue carezze erano la Poesia. Per quanto legata alla malattia, vi assicuro che non ho mai conosciuto una persona così legata alla Vita. Lei la respirava come faceva con le sue sigarette ed era una godereccia nel termine più genuino della parola.

La sua più grande eredità?
Lei mi ha insegnato l’essenzialità, che è il rispetto per la dimensione umana e per l’essere umano. Non avrei mai potuto desiderare altra madre, se non lei. Essere se stessa è stata la sua forza. Mi ha insegnato che non bisogna essere quello che non si è per compiacere gli altri.

Non è stato tutto facile ma non c’è mai traccia di rancore, nessun velo di risentimento nei suoi pensieri.
Mai. Ho solo bellissimi ricordi, a dispetto di chi possa pensare il contrario. Era dolcezza in ogni gesto, in ogni suo movimento e nella maniera di rapportarsi. Molti mi scrivono che si ritrovano nei suoi versi e ne hanno tratto forza per uscire da stati depressivi.

Non ne ho assolutamente dubbio. Un aneddoto, un dietro le quinte...
Mi ricordo quando doveva andare in scena, mi chiamavano per andare a sistemarla. Lei non ci pensava e le compravo le cose che occorrevano. Ma nonostante tutto, alla fine aveva sempre la sottana che pendeva o il collant bucato. Io sorridevo con lei e si andava così... eravamo noi.

Sono immagini molto tenere e denotano grande complicità e senso di appartenenza.
Sì. Gli altri rimanevano sempre un po’ sconvolti perché tenevano solo all’apparenza scenica, ma la Poesia, e questo lei lo sai meglio di me, non è apparenza, ma intimità.

So di cosa parla, a volte sembra annullare tutto il resto, ma ora non parliamo di me. I suoi occhi…
Dolcissimi, mi ci perdevo in quello sguardo che sapeva parlare, come ogni figlia, quando guarda la propria mamma. L’adoravo.

E io...
Lei ne hai colto il senso...

Credo non ci riuscirò mai abbastanza, ma mi sta dando una mano. Qualcosa che la fa sorridere in un ricordo buffo, bizzarro?
Amava cospargermi di borotalco e ancora conservo questa abitudine. Tutte le sere prima di addormentarmi.

Praticamente la impanava? – sorrido di gusto.
Sì, ah ah ah... era il suo modo di avere cura del mio corpo, insieme all’olio di ricino e controllava sempre anche la lingua. Poi mi preparava un risotto, che ricordo buonissimo, con il brodo di pollo

Allora abbiamo finalmente scovato un brutto ricordo nell’olio di ricino?
No no... per me non è un brutto ricordo, secondo lei, avendo il fegato in disordine, doveva purgarmi. Era il suo modo per interagire con me.

Le sane abitudini di una volta. Posso dire che non le è andata male, mia nonna ci riservava le perette!
Ahahahh... Oddio, anche quelle capitavano a volte! Però l’amavo alla follia, amavo il suo sguardo dolcissimo. Anche se spesso non parlava, sapeva rasserenarmi.

Barbara, non so esprimere le emozioni che mi sta regalando. Entrare in punta di piedi tra voi e avermi permesso di avvicinarmi alla donna, alla madre che si porta dentro e che riflette nel tuo sguardo. Solo una parola: grazie!
Con questa intervista avrà capito il rapporto che c’era tra noi. Io e lei, una cosa sola tanto da non resistere l’una lontana dall’altra.

“Mi hanno rubato la figlia, praticamente. Gli impediscono di vedermi... ma io fossi anche la donna più disastrata, son la sua mamma, capisci?”
Alda Merini

Posted

16 Mar 2021

Incontri ed interviste d'autore


Maria Teresa Infante La Marca



Foto dal web





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