Sorridendo a poco a poco. Il mio incontro con Ezio Bosso

Nell'agosto 2019 ho avuto il privilegio di conoscere e di suonare con Ezio Bosso come primo violino nell'Orchestra Filarmonica di Benevento. Un’esperienza che mi ha cambiato non solo dal punto di vista musicale e professionale, ma anche nello spirito e nella personalità

L’AQUILA - La scomparsa del Maestro Ezio Bosso è stata per me un colpo al cuore e all’anima. Uomo e musicista immenso, un autentico esempio per tutto il mondo che, con professionalità esemplare, ha sempre lottato e creato per la vita, l’arte e la bellezza. Il Maestro diceva sempre che nella musica ogni problema diventa opportunità, come ricordava nel suo straordinario discorso al Parlamento Europeo. Dal 2011, infatti, ha scelto di fare della sua malattia una straordinaria missione di vita attraverso la musica.



Nell’agosto 2019 ho avuto il privilegio di conoscerlo e di suonare con lui come primo violino nell’Orchestra Filarmonica di Benevento. Un’esperienza che mi ha cambiato non solo dal punto di vista musicale e professionale, ma anche nello spirito e nella personalità. Mi ha donato energia e una Musica rinnovata, una coscienza più consapevole e la capacità di commuovermi come un bambino di fronte alla bellezza.
Ricordo che durante le prove dava il massimo, esattamente come faceva nei concerti. Ci guidava e si faceva guidare dalla Musica. Nonostante fossimo tutti giovani musicisti, ci ha sempre considerato alla pari di grandi professionisti. La sua umiltà e la sua grandezza si potevano scorgere anche dall’ironia e dal sottile umorismo con cui desiderava entrare in confidenza con tutti noi.
Ci accompagnava ogni giorno per mano alla scoperta dei brani che avremmo suonato (la Sinfonia n. 2 da lui composta, la Quinta di Beethoven e il Boléro di Ravel) con una semplicità e una profondità che riusciva a penetrare nelle nostre coscienze facendoci ricercare sempre e comunque il vero senso della musica.

Ricordo le sue parole… È buffo che la musica dei grandi compositori del passato viva attraverso di noi e che noi viviamo allo stesso tempo attra-verso di loro; noi musicisti ci trasfiguriamo nella musica e nell’anima del compositore.
Il degrado culturale sta rendendo agonizzante la musica colta in Italia
(il suo desiderio era infatti quello di portare l’insegnamento della musica anche nelle scuole dell’infanzia).
Sono i musicisti stessi che non si commuovono più di fronte alla musica, così presi dalla feroce competizione, dall’egocentrismo e dal narcisismo.

Il senso della musica per Ezio Bosso, come quello della vita, è donarsi all’altro. In orchestra – diceva – non è più bravo chi suona più forte degli altri, ma chi sa ascoltare gli altri e ogni orchestrale deve donarsi al suo compagno per creare qualcosa di superiore. Ci spronava a suonare ogni nota come fosse la prima e l’ultima della nostra vita e a dare sempre e comunque il meglio di noi stessi.
Amava donarsi all’orchestra e al pubblico attraverso la Musica. Ci chiedeva di seguire ogni suo gesto e a guardarlo negli occhi: Se voi seguite me ed io dovessi sbagliare, la colpa è ovviamente mia, ma se voi non mi guardate, la colpa sarebbe comunque sempre mia, perché significa che non sono riuscito a convincervi nel seguire il mio gesto. Dovete staccare gli occhi dallo spartito perché lo spartito è come una cartina che ci guida in una città: se rimaniamo con gli occhi attaccati a questa cartina ci perdiamo il magnifico panorama che la musica ci offre.

Quando provavamo Beethoven, sotto la sua sublime direzione e la sua straordinaria interpretazione, mi capitava spesso di incrociare il suo sguardo: dai suoi occhi irradiava un’incredibile energia che travolgeva l’anima; quando lo guardavo mi sentivo ancor più felice di suonare, sentivo un brivido lungo la schiena e un’emozione che, esattamente come fa la musica, “passa dalla pancia al cuore, fino ad arrivare alla mente”.
Amava osservarci e chiamarci per nome. Una volta ci disse: Voi non immaginate quanto siete belli quando suonate, siete qualcosa di trascendentale; questa è la Musica.
Ogni sua parola commuoveva e arricchiva; non c’era assolutamente nulla di retorico, perché lui stesso era l’esempio concreto di quello in cui credeva. A volte si arrabbiava e pretendeva che noi studiassimo alla perfezione gli spartiti e ci faceva notare di come lui stesso ogni giorno studiava e preparava per noi la partitura, per poterci offrire il meglio della sua direzione.
Solo studiando alla perfezione lo spartito possiamo abbandonarci alla Musica e divertirci come pazzi.

Una sera, tutti noi orchestrali, uscimmo insieme al Maestro. Ci offrì da bere, rideva e scherzava insieme a noi come fosse un amico di lunga data; mi ricordo che gli ero seduto proprio accanto. Alla fine della serata lo aiutammo a salire sulla sua sedia a rotelle e, ringraziandoci, ci salutò. Il giorno prima del concerto, alla prova generale, ci urlò con entusiasmo: Domani voglio vedervi ballare. Divertiamoci! Proprio durante quella prova gli sentii gridare il mio nome mentre stavamo facendo un’esecuzione della Quinta: alzai gli occhi e lui, sorridendo, aspettava di incontrare il mio sguardo.

Lo prese in mano; ero al suo fianco tremante dall’emozione. Lo sfogliava con una cura e un interesse che mi riempì il cuore di gioia. In particolare si soffermò su una mia poesia dal titolo Resilienza e sulla citazione di Ugo Foscolo che recita: “Io sono destinato ad avere l’anima perpetuamente in tempesta”.

Il concerto al Teatro Romano di Benevento è stato il più bel concerto in cui abbia mai suonato fino ad ora. Meraviglioso, travolgente per la forza, la qualità e il sentimento della musica e della direzione del Maestro, che hanno portato alla standing ovation delle 2000 persone presenti. Durante il concerto, dal terzo leggio dei primi violini, mi ero abbandonato completamente alla Musica; lo guardavo e lui ricambiava il mio sguardo sorridendo felice, mentre dirigeva con un trasporto sensazionale. Alla fine del concerto tese la sua bacchetta al cielo; sembrava dirigesse anche le stelle nello scrosciante e infinito applauso del pubblico. Quando lo salutai per l’ultima volta, subito dopo il concerto, mi guardò e disse: Andrea, che belle poesie hai scritto; tu suoni con poesia. Sono state queste le ultime parole che mi ha rivolto.

Sono davvero provato dalla sua assenza. Musicista di grande professionalità, bravura, spiritualità, profondità, umanità e comunicatività immense ed esemplari, ha fatto della sofferenza un’opportunità per continuare a lottare per salvare e diffondere ciò che amava davvero: la bellezza; quella raggiunta, ricercata e donata attraverso la musica.
La passione per la musica, come la Passione di Cristo, è sacrificio; significa non aver paura delle difficoltà che si incontrano e che richiedono studio e dedizione perseverante e totale per essere superate. Credo che tutti i musicisti hanno il dovere di continuare la missione in cui credeva il grande Maestro, per la quale ha lottato fino alla fine. Donare il meglio di sé facendo musica insieme: questo era il suo senso della vita. Ora è libero nei Cieli, in eterno con la sua Musica, che vivrà attraverso noi.

Posted

22 Aug 2022

Storia e cultura


Andrea Petricca



Foto dal web





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