Una voce leggera eppure forte, quella della poetessa Antonia Pozzi

La poetessa malinconica della letteratura italiana che forse non tutti conoscono come merita

Antonia è solo il primo di una serie di nomi parentali ed è quello del nonno materno, persona di grande coltura, storico, pittore di acquerello e amante dell’arte. La nonna Maria è a sua volta colta e di famiglia illustre: è infatti la nipote di Tommaso Grossi.






LA FAMIGLIA
I genitori di Antonia sono istruiti e raffinati: il padre Roberto, è un noto avvocato e la madre, contessa Lina Cavagna di Sangiuliani, è donna di spessore che conosce bene il francese e l’inglese; legge molto, suona il pianoforte, ama la musica e il teatro, ricama e dipinge.
Antonia ha anche tre zie materne con le quali trascorre parte della sua infanzia e una zia paterna che ama e dalla quale è teneramente ricambiata, come del resto accade con la nonna materna.
La bimba è desiderata ardentemente dalla coppia e lei, delicatissima, bionda e minuta, non tradisce le aspettative: è intelligente e precoce, tanto da supporre che frequenti la prima classe come uditrice, prima dell’età scolare.

GLI STUDI
Il suo percorso scolastico elementare si attua nella scuola statale di via Ruffini a Milano.
Non ancora undicenne, viene iscritta al Liceo e già in terza superiore comincia ad interessarsi alla poesia con le amiche del cuore Lucia Bozzi e Elvira Gandini.
Qui conosce il professore di greco e latino e ne rimane affascinata: Antonio Maria Cervi è uomo che desta ammirazione non per l’aspetto fisico ma per la coerenza, l’integrità, la cultura profonda e l’amore per l’insegnamento.
Distribuisce libri, incoraggiamenti e consigli agli allievi. Ben presto Antonia scopre molte affinità di sentire e di pensiero condivise con il professore, che avverte colpita da un dolore profondo che l’avvicina a lui ancora di più. Ma il padre, al quale il professore chiederà la mano di Antonia, ostacola fermamente la relazione e nega il consenso alle nozze.

L’AMORE PER CERVI
Questo amore negato sarà un grande dolore per la giovane Antonia che non troverà mai più una tale intensità di sentimenti e di affinità elettiva. Nel 1930 entra nella facoltà di lettere e filosofia dove incontrerà persone amiche del calibro di Vittorio Sereni, Dino Formaggio, Remo Cantoni, Antonio Banfi con cui deciderà di laurearsi con una tesi sullo scrittore decadente Flaubert.

LE SUE PASSIONI
Emergono in questi anni i suoi interessi per la montagna, specie quella vicino a Pasturo, dove trascorre le vacanze e tratteggiate in pagine di prosa e di alta poesia. Nel 1934 compie una crociera in Sicilia, Grecia, Africa ricche di quella storia e civiltà tanto studiate al liceo; poi si reca in Austria e in Germania per approfondire la conoscenza della lingua tedesca, che ama grazie al suo insegnante Vincenzo Errante, tanto da tradurre in italiano alcune pagine di Hausmann.
Antonia ama la montagna e la natura, che fotografa cercando di cogliere con l’obiettivo, l’anima nascosta delle cose. In pratica, è un altro modo di far poesia.








IL TORMENTO ESISTENZIALE
Sembra tutto normale: viaggi, interessi, amicizie ma non è così: la sua anima vive costantemente il tormento esistenziale che nessun diversivo sa placare. Neppure diventare docente presso l’istituto tecnico “Schiaparelli” o l’attività a sostegno dei poveri o il progetto di scrittura di un romanzo sulla storia della Lombardia, né la poesia, che resta la sua vocazione più profonda.

IL SUICIDIO
Del resto, pur essendo un’anima pia, non è supportata dalla fede e questo contribuisce alla sua disperazione che la porterà a suicidarsi, ingerendo dei barbiturici, il 3 dicembre del 1938 a soli 26 anni, quando già spirano i venti di guerra.
Lei che aveva scritto al suo amato: Anche se io non riuscirò mai a vedere nel vostro Cristo più che l’uomo, pure saprò farmi buona, saprò camminare, saprò crearmi dentro sempre più il mio dio: e non cercherò di conoscerlo, perché conoscerlo è rimpicciolirlo. Sarà un camminare con una meta canora dentro, che non si può vedere ma senza posa si sente; un vivere la vita senza abbandoni, creandosene dentro, ad ogni istante, gli scopi.
E ancora:
Tu sai tutti i segreti,/ come il sole;/ potresti far fiorire/ i gerani e la zàgara selvaggia/ sul fondo delle cave/ di pietra, delle prigioni/ leggendarie.
Perduto quell’uomo-guida, quasi luce divina, la sua vita si fa buia, senza più necessità del vivere. La sua innata malinconia si fa dolore e nessuno scopo le pare più interessante da raggiungere senza l’unica persona che, idealizzata forse, aveva avuto la capacità di renderla felice ed appagata.

Recita una sua lirica che sembra un presagio.
Suonano i passi come morte cose / Scagliate dentro un’acqua tranquilla/ Che in tremulo affanno rifletta/ Da riva a riva/ L’eco cupa del tonfo.

Il suo biglietto di addio ai genitori parla di un’invincibile “disperazione mortale” ma la famiglia nega a lungo la circostanza del suicidio, per evitare lo scandalo.

LA PRODUZIONE POETICA
Le sue prime opere vengono pubblicate un anno dopo la sua morte dalla casa editrice Mondadori, dopo essere state revisionate dal padre, che modifica soprattutto quelle dai contenuti amorosi, per evitare lo scandalo.
Tuttavia la produzione poetica di Antonia, nonostante le revisioni del padre, affascina ancora per il suo richiamo al crepuscolarismo e all’espressionismo e per quel suo essenziale verseggiare carico di malinconia. Dopo un periodo di dimenticanza anche il cinema ha posto attenzione su questa poetessa. Viene realizzato un cine-documentario dalla regista Marina Spada dal titolo Poesia che mi guardi presentato fuori concorso alla 66° mostra del cinema di Venezia nel 2009. I registi Bonatti e Ongania realizzano a loro volta un film documentario Il cielo in me. Vita irrimediabile di una poetessa e nel 2016 viene proiettato il film Antonia di Cito Filomarino.

Posted

06 May 2023

Storia e cultura


Gabriella Paci



Foto dal web





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