Dalla Vita Nova alla Commedia

Dante e la dignità dell’essere Donna

Già a partire dall’incipit della Vita Nova comprendiamo che Dante, dal primo incontro avvenuto a soli nove anni, non guardò Beatrice come “donna angelo” od oggetto degli stilnovisti ma come “figliuola di Deo”. Dal secondo fortuito incontro avvenuto alle tre di pomeriggio e in cui la gentilissima donna per “ineffabile cortesia” salutò Dante, tanto da donargli la beatitudine, si generò nella mente del Poeta un nuovo modo di concepire la donna. Il saluto della fanciulla, insolito, improvviso e inaspettato, risultò essere gesto potente e scandaloso per i tempi.



Alla donna, infatti, da quanto si evince da noti testi medievali, non era concesso salutare né rispondere a tale gesto, soprattutto per strada, neanche a parenti prossimi, dunque comprendiamo che ella era assolutamente impossibilitata verso semplici conoscenti. Allora perché Beatrice salutò Dante che, inoltre, non vedeva da ben nove anni? Quale fu il valore di quel gentile saluto? La risposta è semplice: Beatrice è immagine di Cristo in terra, creatura “da cielo in terra a miracol mostrare”, inviata da Dio per ricondurre gli uomini al bene, alla Verità, proprio come il Figlio di Dio stesso. Per tanto il suo dolcissimo sguardo e il suo saluto hanno, non solo per Dante ma per noi tutti ancora oggi, un altissimo valore cristologico: sono ineffabili, rivolti a tutti indistintamente e gratuitamente, in quanto equiparati allo stesso Amore di Dio che è universale, è per tutti. Tale valore letterario-poetico-teologico attribuito da Dante a Beatrice fu successivamente traslato dallo stesso poeta alle donne di “intelletto d’amore”: fu questo il concetto che davvero rivoluzionò la visione della donna nella storia della letteratura italiana, che le restituì ogni virtù e ogni dignità, in quanto ella non fu più intesa come oggetto meramente poetico ma come essere umano pensante e indipendente. Beatrice, dunque, rappresentò in assoluto, così come la Madonna nelle straordinarie terzine del XXXIII del Paradiso, il massimo esempio della “Donna d’Intelletto d’Amore” e la precorritrice della femminilità, intesa come insieme di tutte le virtù, riconosciuta.

Dante, però, soprattutto nella Commedia, scrisse che non sempre alla donna era stata attribuita tale dignità umana. Pensiamo al V dell’Inferno e Francesca da Polenta, al V del Purgatorio e Pia de’ Tolomei e infine al III del Paradiso in cui incontriamo Piccarda Donati. Sono donne profondamente diverse tra loro che hanno, però, comune destino: hanno subìto violenza morale, intellettuale, fisica e due di esse sono state uccise da amore senza amore. Leggiamo di Francesca, donna di istinti animaleschi, uccisa non solo da chi non l’ha amata ma dal suo stesso non amarsi. Pia, suo opposto, prima donna nella storia della letteratura italiana riconosciuta come vittima di femminicidio, è donna che aveva amato profondamente, che aveva creduto nell’amore e che per amore giunge perfino a scusare il suo omicida. Infine Piccarda vittima di un’altra violenza, la morale e intellettuale, esercitata su di lei da uomini “a mal più ch’a bene usi”.

Il Sommo, attraverso queste tre donne in particolare, ha voluto mostrarci che la violenza indistintamente esercitata da uomini e donne è sempre incapacità di amare prima se stessi e dopo l’altro. Quando noi amiamo, scrive Dante dopo avere visto il suo e “il nostro” volto riflesso nella Trinità, non abbiamo tempo per fare male al prossimo, non vogliamo per l’altro ciò che non vogliamo per noi. Il Padre della nostra umanità, dunque, è certamente il primo scrittore che, attribuendo dignità alla donna, indirettamente la attribuisce a tutti noi in quanto esseri pensanti, in grado di discernere il bene dal male e procedere, noi erranti che tritiamo la pallida via della vita, la strada verso “ultima salute”. Dante ci invita a riflettere, infine, sul valore universale dell’Amore che dona il sorriso alla “donna innamorata” trasformandola in “immagine innamorante” che salva l’uomo dalla brutalità e dalla violenza. È solo l’ “amor che move il sole e l’altre stelle”.

Posted

23 Nov 2020

Storia e cultura


Carmen Antonacci



Foto: Jean Delville, Dante buvant les eaux du Lethé, 1919





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