Napoli, tra mito e leggenda

La storia di Napoli ha inizio, secondo la tradizione, intorno alla metà del VII sec. a. C., con la fondazione di Partenope da parte dei Cumani. Sorta sulla collina di Pizzofalcone e l’isolotto di Megaride, il suo nome le deriva dalla Sirena eponima Parthenope, che ricollega la sua fondazione al mito omerico di Ulisse

Stabilire se Napoli è più antica di Roma è un’impresa ardua. Studi recenti, tecnologie avanzate e nuovi ritrovamenti archeologici, non hanno ancora dato una risposta certa, nonostante quella manciata di anni, dal 753 al 475 a.C., pare divida il momento fondativo delle due città. Ci si affida alla leggenda: da una parte Romolo e Remo e dall’altra la sfortunata sirena Partenope che muore piangendo Ulisse e l’Uovo di Virgilio, tuttora nascosto nelle fondamenta di Castel dell’Ovo.


Il momento esatto della fondazione di Napoli è avvolto quindi da incertezze e miti. Dai recenti reperti archeologici, testimonianze storiche e dai poeti e scrittori dell’epoca greco-romana, si arriva alla conclusione che i fatti siano andati verosimilmente così.

Forse i greci tenevano qualche guaio loro, stevano astritte, s’appiccecavano cu ‘e mugliere, nun vulevan’ pavà ‘e tasse o più semplicemente se ne andavano in crociera sul Mediterraneo, certo è che un manipolo di coloni, originari dell’Eubea, su una decina di navi, cercano miglior fortuna e meno gravosa esistenza, dirigendosi verso le coste della Sicilia e dell’Italia Meridionale. Con quelle varchetelle leggiere leggiere, fanno capolino a Scilla e Cariddi, attraversano il tempestoso canale di Capri e giungono al golfo, ampio e sereno, che va da Sorrento a Capo Miseno. Si fermano all’isola d’Ischia, dove fondano Pitecusa, attuale Lacco Ameno, dando vita ad uno scalo commerciale. Gli storici datano quest’avvenimento intorno all’VIII secolo a.C.

Ma i Pitecusani nun sanno sta’ quieti e non sono contenti di abitare quella terra soggetta com’è a terremoti ed eruzioni. La costa di fronte all’isola, a Nord di Capo Miseno, sembra più tranquilla. Siamo verso l’anno 725 a.C. quando sbarcano sulla terraferma e fondano Cuma (diverrà poi la più antica colonia greca tra Sicilia e Italia Meridionale) che, in breve tempo, riesce a soddisfare le esigenze economiche e commerciali delle due città della madrepatria, Calcide ed Eretria, impegnate a smerciare vasellame, armi, ornamenti di metallo e prodotti di lana in cambio di cereali, legno e metalli di ogni genere.
Per gli stessi motivi, i cumani, circa 150 anni dopo, fondano Partenope, sull’isolotto di Megaride, dove oggi c’è il Borgo Marinaro, Castel dell’Ovo, ‘A Zì Teresa e ‘A Bersagliera e dove, secondo la leggenda, si è incagliato il corpo senza vita di Partenope, sirena suicida per colpa di Ulisse, sfuggito ai suoi ammaliamenti canori, cosa non altrettanto facile per i turisti che continuano a chiedere ‘o sole mio mentre gustano i famosi spaghetti alle vongole.

La città greca di Napoli conta tre nuclei abitativi Parthenope, Palepolis e Neapolis che nel giro di circa tre secoli si sono “completate” reciprocamente, dando avvio a quel processo di stratificazione che da sempre caratterizza la storia di Napoli


Partenope non era una polis, ma un centro commerciale creato con l’intento di agevolare il traffico commerciale. Più tardi si estese sino al Monte Echia, l’attuale Pizzofalcone, assumendo, man mano, più spiccate caratteristiche di agglomerato urbano. Ma fu soltanto dopo la vittoria sugli etruschi, nel 474 a.C., che venne edificata Neapolis, a pochi chilometri dal punto in cui erano sbarcati, che avrebbe sostituito la vecchia Paleopolis. Fonti storiche autorevoli, come Strabone e Livio, riconoscono in Partenope-Neapolis un’unica città sorta in luoghi e tempi diversi ma da nuclei di origine e storia comuni.

I Cumani stessi definirono i confini di questa città dotandola di mura di cinta, i cui resti sono stati trovati in vie e piazze ancor oggi vive e trafficate: in via Foria ed in via Costantinopoli, a piazza Bellini, a San Sebastiano, a Mezzocannone, a via Tribunali. Per di più, sotto queste ultime vie, sono stati trovati i resti dell’antico acquedotto greco in cui scorreva acqua purissima dalle falde del Vesuvio fino a giungere ogni abitazione.
Napoli, a differenza di tante altre città europee più grandi e famose, era ricca di acquedotti. Furono, infatti, i greci ad insegnare ai romani l’arte idraulica molto tempo prima che Roma diventasse un impero. Da subito scavarono pozzi, crearono vasche e condotte sotto le case della prima Palepoli per poi perfezionarle e allungandole successivamente al tempo di Neapolis, a conferma che esiste un’altra Napoli, nascosta ai più ma non per ciò meno bella.

“IBIS ET REDIBIS NON…”

A tutt’oggi gli studiosi non hanno trovato una risposta definitiva sulla fondazione greca di Napoli. La tradizione più diffusa la vuole legata alla città di Cuma

Ma torniamo a 150 prima di Partenope-Neapolis, a Cuma, ricca di leggende e curiosità.
A due passi sorgeva il Lago d’Averno, tuttora esistente tra Pozzuoli e Baia, ritenuto dagli antichi l’ingresso dell’Ade, nei cui pressi viveva la Sibilla Cumana, ‘na bella fémmena nu poco pazzarella, portata al seguito dai coloni per averne auspici per le loro imprese. Essere un oracolo tuttavia, non era proprio una passeggiata. La Sibilla però si arrangiava e riusciva ad avere sempre ragione; a cadere, come si dice, sempe cu quatt’ zampe ‘n terra, come i gatti. Ḕ famosa la sua risposta se interpellata dalle madri sulla sorte dei soldati loro figli in partenza per la guerra: “Ibis et redibis non morieris in bello” ovvero andrai e ritornerai non morirai in guerra. Il “trucco” consisteva nella posizione della virgola che posta prima o dopo il “non” cambiava secondo i casi la risposta del responso. Ecco il motivo per cui si dice “leggere con attenzione ogni punto e virgola”.

lapide di marmo, attribuita al sepolcro della Sirena Partenope


«Partenopem tege fauste»


Queste sono le misteriose parole incise su una lapide di marmo, attribuita al sepolcro della Sirena Partenope, situata all’interno della Basilica di San Giovanni Maggiore e che da millenni attira centinaia di studiosi, seguaci e letterati, affascinati dal culto di questa creatura mitologica che evoca un passato leggendario fatto di uomini, divinità ed eventi misteriosi.

Posted

27 Aug 2020

Storia e cultura


Vittorio Fabbricatti



Foto dal web





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