Pensieri e riflessioni

Il viaggio (etimo e riflessioni)

Il viaggio più emozionante e mai finito è un viaggio nel nostro mondo interiore, un mondo, in molti casi, destinato a rimanere inesplorato

Dal latino viaticum, passando per l’antico francese, arriva a noi. Invero è ciò che serve a nutrirci durante la strada, “via”, una provvista insomma. Tanta letteratura abbonda sul viaggio ed è nota l’espressione “ultimo viaggio” come il fine vita o l’Evento per antonomasia in una nota filosofia degli inizi del ‘900. Dobbiamo menzionare Erodoto che nei suoi viaggi ci racconta curiosità ed altro, di valore antropico, dei popoli visitati e, in età moderna, Volney (un idéologue) che concepì il viaggio come “esplorazione scientifica.”

Alias "terremoto"

L’efficacia del soprannome nella civiltà contadina, era tale che si trasmetteva di persona in persona e diventava l’unico identificativo dell’individuo che veniva sostituito al proprio cognome anagrafico

Su un quotidiano locale è stato recentemente ricordato che ancora nel 1956 un articolo – riportato su Il Tempo illustrato – deplorava che nel mio paese sui manifesti di morte affissi ai muri, per rendere identificabile il defunto, si aggiungesse il suo nomignolo, appellativo talvolta sudicio quanto indecente.

Superamento dell’attività sindacale

Destra e sinistra, due schieramenti in contrapposizione che annusano gli umori della gente, creano capri espiatori e a colpi di slogan populistici si aggiudicano il consenso

Nuove forme di economia e una nuova cultura, favorevoli a ristrette congreghe, sono derivate dall’avvento del liberismo e dalla globalizzazione.
Il mondo è cambiato. Tanti muri di incomunicabilità tra i popoli sono crollati e la globalità prende sempre più corpo nel mondo. I contrasti tra gli Stati vengono risolti diversamente da prima: le guerre si sono ristrette nella loro estensione e vengono in parte sostituite da sollevazioni locali, da guerre civili ed attentati terroristici.

Questa non è la fine del mondo

È solo un’altra tappa del declino e se ci sembra l’ultima stazione, è solo perchè ci riguarda da vicino

Gente che deve stare a casa e se ne va in giro come se nulla fosse. Gente che sta a casa, ma non sa come impiegare il tempo ed invece di dire il rosario alla Madonna di Anguera, riesce solo a recitare un rosario di frasi sciocche, di giudizi cattedratici. Gente che dice anche cose equilibrate, dimostrando di non aver smarrito razioni di raziocinio presso l’ufficio delle cose perdute. Virologi in televisione che “litigano” con i numeri, le previsioni, i picchi, le curve, l’aggressività del virus, per alcuni da leone e per altri da gattino, la paternità di una scoperta, il merito di una sperimentazione. Esperti in disaccordo quasi su tutto, tranne che “dobbiamo lavarci le mani”. Cent’anni di scienza per un mantra che nel 1984 mi ripeteva la mia bisnonna “devi lavarti le mani”.

Un mondo nuovo... all'alba del terzo millennio

Quando questa emergenza sanitaria sarà terminata, molte cose cambieranno e tenendoci tutti per mano, saremo pronti a ricostruire in primis noi stessi, consci di un nuovo sentimento che ci unirà

Amo il silenzio delle 4:00 quando dorme la città e un ronzio mi assale nella mente come musica, melodia che invita il cuore a scrivere di noi, di questo tempo che sta cambiando, cedendo il passo, nostro malgrado, ad una “nuova Era”. Le strade ormai deserte già da tempo e noi liberi di ammirarle per com’erano, prima che l’orda umana le calpestasse e le invadesse in tutto il suo cicaleccio continuo. La strada sorride al marciapiede, il lampione dichiara amore eterno alla sua panchina, finalmente sola, abbandonata alla sua dolce e fioca luce.

Il mondo sta cambiando, nulla apparterrà “al prima” e questo nuovo tempo ci spinge a guardare tutto con occhi diversi, interrogandoci sul vero senso della nostra vita.

Cara Italia... sei più forte della morte

Ascolta la voce dei tuoi figli! Tre domande al grande Leonardo

Dalla mia serie: Il messaggio di EGITTO-ETERNORAMA (La visione dell’eternità) a tutto il mondo per affrontare la sfida d’oggi.
Con il mio design, compresi i rilievi delle pareti dell’antico Egitto con un dettaglio della statua di Leonardo da Luigi Pampaloni (1791–1847), fuori dagl’Uffizi, Firenze.


Bill Gates come Nostradamus

Bill Gates, nel 2015, aveva lanciato l’allarme: Un virus sconosciuto potrebbe uccidere più di una guerra. E noi non siamo pronti


La profezia di Bill Gates, che cinque anni fa aveva previsto la pandemia, in un video del 2015, tornato molto popolare in questi giorni: Non missili ma microbi. Iniziava così un discorso tenuto in un Ted Talk.


A marzo del 2015 Bill Gates, fondatore di Microsoft Corporation, in un intervento al Technology Entertainment Design (conferenza statunitense gestita dall’organizzazione privata non-profit The Sapling Foundation, che dà voce in tutto il mondo a persone che abbiano “idee che meritano di essere diffuse”), dichiarava:
– Quando ero un ragazzo, il disastro di cui ci preoccupavamo era la guerra nucleare. Oggi la più grande catastrofe possibile non è più quella. Se qualcosa ucciderà dieci milioni di persone nei prossimi decenni, è più probabile che sia un virus molto contagioso e non una guerra. Non missili ma microbi.
– Abbiamo investito pochissimo in un sistema che possa fermare un’epidemia – sosteneva Gates – Non siamo pronti… La mancanza di preparazione potrebbe permettere alla prossima epidemia di essere terribilmente più devastante di Ebola.

Le parole del fondatore di Microsoft seguivano la preoccupante diffusione di Ebola avvenuta appena un anno prima, nel 2014, sottolineando soprattutto l’insufficienza di organico sanitario per gestire l’epidemia che fu efficacemente confinata per la maggior parte in tre nazioni dell’Africa occidentale: Guinea, Liberia e Sierra Leone, mentre i pazienti iniziali di diversi paesi occidentali furono subito individuati e isolati. Quel successo però, fu determinato dalla natura di Ebola, un virus che, contrariamente al Covid-19, non si trasmette per via aerea ma tramite contatti diretti attraverso pelle con ferite, o mucose, con sangue o fluidi corporei di persone infette.

Torneremo a guardare il mare

Essere a casa, sempre, uno stato mentale, diverso dagli spazi abitativi, dai recinti strutturali, dalle pareti addomesticate da regole comportamentali, interne/esterne, ordinarie/disordinarie, appartenenti a un arredo che esula da necessità effettive.
Sì, sono a casa.
Così come l’oggetto, posizionato tra me e la finestra a riempire un vuoto che non avrei considerato se oggi non mi fossi accorta che tra me e la finestra esistono ostacoli, opportunatamente delimitanti, per non cedere alla tentazione di prendere troppe boccate d’aria.
Solo ieri l’aria era un bene scontato e ne facevo scorpacciate ignara, tranne poi infilare due dita in gola e spargerla in una sola parola. Bulimica per eccesso, ogni volta che volevo sentirmi ad alta quota.
E bastavano due dita come sempre per liberarmi dell’eccesso. L’aria continua ad avere il suo aspetto seducente, ammaliante, un richiamo erotico il profumo dell’erba – umida quanto basta – a cui è difficile sottrarsi; mi guarda, mi tenta. Cedo.

Ferroviere
mio malgrado

Autobiografia di un ferroviere del sud

Sono nato ad Ostuni, splendida cittadina in provincia di Brindisi, più di sessanta anni fa. Qui da sempre ho vissuto e vivo con la mia famiglia. All’età di nove anni, così come si usava allora, durante le vacanze scolastiche, per levarmi dalla strada, mia madre, che aveva origini contadine, pensò bene di mandarmi a bottega per imparare il mestiere di sarto.
Un mestiere più leggero pensava, avendo provato sulla propria pelle la fatica del lavoro nelle campagne. L’esperienza fu così positiva che mi invogliò a continuare, tanto che negli anni seguenti, nel tempo libero che mi lasciava la scuola, continuai a frequentare la sartoria. Conseguita la licenza media, mi dedicai a tempo pieno ad imparare un mestiere difficile, ma che immaginavo potesse avere un futuro.

Il vagone del virus di Franco Arminio

Decalogo contro la paura

Forse per prima cosa dobbiamo riconoscere le nostre ansie, ansie che ci portiamo dietro da tempo, una motrice con molti vagoni a cui in questi giorni si è aggiunto il vagone del virus.
Io stanotte ho avuto un piccolo dolore al braccio sinistro e pensavo fosse un infarto. E poi più tardi, girando la testa nel cuscino, ho avuto un lievissimo senso di capogiro e ho subito pensato alle vertigini che mi hanno tormentato a settembre.


Dico queste cose per dire che le malattie prima di essere un attacco di agenti esterni, sono un dialogo che facciamo con noi stessi, sono anche un'occasione per entrare in un'altra forma della nostra vita. La salute è l'unica cosa che conta veramente, ma la salute si ottiene conquistando salute, non combattendo contro la malattia: spesso si tratta di combattimenti che peggiorano la situazione.

Ciao Carmine. Il teatro: ultimo atto

L’omaggio da tutti coloro che ti hanno conosciuto.

Una presenza silenziosa e discreta all’apparenza ma che all’occorrenza diveniva carismatica per la passionalità che trasfondeva in ogni suo progetto.
Carmine D’Agostino, era un artista, autodidatta, dapprima con la passione per la scultura, i colori, la materia che prende forma e diventa altro da sé, poi esplode la grande passione per il teatro che non lo abbandonerà più, fino agli ultimi giorni della sua vita.
Il regista teatrale il 24 dicembre 2019, tra l’annunciazione di una nascita imminente e quella di una dipartita a sorpresa, ci ha lasciati. Noi abbiamo perso un caro amico e l’opportunità di continuare a sorridere riflettendo.

Lettera aperta ai giovani della mia città

Le nostre radici affondano nella nostra terra, nella nostra storia, nella nostra cultura e nelle nostre tradizioni… cercate di difenderle sempre e di andarne fieri

Cari ragazzi,

nel riferirsi ad un libro qualcuno ha detto: È la porta di un mondo che si apre, un invito a restare, a fermarsi in compagnia di una storia, dei suoi personaggi. A volte, un’esplosione di passioni e sentimenti e di eventi drammatici o felici. È infine, una traccia che ci portiamo dentro e che può anche cambiarci la vita.

Sto facendo un film su Sharm El Sheikh. Esodo

Questo presente mi sazia, non penso a nulla, solo guardo e cammino...

Esco per l’ormai solita passeggiata nel deserto, un deserto contaminato dall’uomo e dalla guerra. Affiorano semi sepolti i residui industriali, bidoni, lamiere contorte, crivellate dalla ruggine e pericolosi spezzoni di filo spinato affioranti ovunque, o ammassati in grandi matasse aggrovigliate. Semi affondata al largo, nel mare, giganteggia lo sventrato relitto di una petroliera, ma la luce, lo spazio e il silenzio conferiscono dignità di relitto a ciò che è solo spazzatura.

Quell’incontro con Padre Pio

Ci sono eventi nella vita di ciascuno che rimangono per sempre come pietre miliari della propria esistenza

... e il ricordo di questi eventi è talmente vivido e presente che non può essere dimenticato. Con questi crismi e queste caratteristiche esclusive è connotata l’esperienza personale dell’incontro che Sara e Marco hanno avuta con il Santo nel lontano 1964, subito dopo il loro matrimonio, il cui excursus pre matrimoniale era stato molto lungo e tormentato. Si erano conosciuti dieci anni prima quando avevano appena quindici anni, il loro era stato un amore sbocciato per caso durante un’estate magnifica e nel corso di una stagione balneare di ampio respiro.
Sara doveva iniziare la frequenza al primo anno di Magistrale e Marco si apprestava a frequentare il I Liceo Classico, seppure ancora molto giovani avevano già nello spirito e nell’intelletto il germoglio avanzato di una maturità adulta. I loro sentimenti e la loro conoscenza iniziati quasi per gioco e per una curiosità personale, erano cresciuti di pari passo in un crescendo veloce e deciso. Si erano giurati eterno amore ma, non sapevano quello che li attendeva nel prosieguo della loro esistenza, per i contrasti e le difficoltà di vario genere che li avrebbero accompagnati.

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