Hölderlin: la filosofia nasce dalla poesia

Profondamente partecipe dello spirito del suo tempo, Hölderlin sperimenta che l’elemento di “inconciliabilità” della filosofia “alla fine nuovamente confluisce nelle misteriose fonti della poesia”

Tra gli autori poco conosciuti o quasi dimenticati del panorama letterario europeo ritengo ci sia Hölderlin (1770 / 1843), la cui vita è un esempio raro di umiltà e di semplicità. Hölderlin fu una figura nobile e bella “simile ad un Apollo”: così un testimone (Magenau) lo descrisse. Ancora oggi rappresenta il punto d’incontro fra gli orientamenti teorici sviluppatisi nella prima metà dell’Ottocento. La sua educazione fu decisamente pietista: studiò greco, latino, dialettica, musica; lesse Schiller, Klopstock, Euripide, i poemi di Ossian e si appassionò all’antichità classica. Visse un tempo ricco di fermenti culturali, sociali e politici, che sfociarono nella Rivoluzione francese, nell’Illu-minismo, nella cultura romantica e nell’Idealismo.
Nel frattempo, mentre l’Illuminismo e la Rivoluzione francese esaltavano l’individuo libero e sovrano nella ragione e per la ragione e consegnavano ai secoli futuri la trasformazione del suddito in cittadino, la cultura romantica permeava di sé l’Uomo e lo Sturm und Drang con Herder superava la concezione storica dell’Illuminismo preparando lo Storicismo del XIX secolo.


In Holderlin convissero lo spirito ribelle del poeta e l’entusiasmo per la Rivoluzione francese al punto da trapiantare in terra tedesca, con Hegel e Schelling, L’albero della libertà; nel 1792 scrisse in stile schilleriano un’ode All’umanità, una umanità che trovava la sua redenzione nei princìpi di Rousseau; fu del settembre 1793 la composizione dell’Inno alla libertà, libertà intesa come madre, armonia, cultura dello spirito e che aveva la sua pienezza e completezza nella humanitas.

La prima stesura del romanzo Hyperion risale proprio nel 1972 e fu edito da Schiller sulla rivista Thalia nell’autunno del 1794; per il protagonista-eroe l’unico scopo era perseguire la libertà, combattere per liberare la Grecia dall’impero ottomano; Diotima, pseudonimo ispirato alla figura di Diotima di Mantinea, rivelatrice del mito di Eros nel Simposio di Platone, diventava l’ispiratrice perché amava Iperione per le sue virtù.
A differenza di Rousseau e di Kant, che rimasero avvolti “nel velo del dottrinarismo”, Hegel, Goethe ed Hölderlin cominciarono a pensare ad un’assimilazione della storia dell’umanità da parte dell’individuo. Gli anni giovanili a Tübingen, fra il 1788 ed il 1793, furono gli anni della Rivoluzione francese molto decisivi perchè maturarono le sue scelte: a Jena ascoltò le lezioni di Fichte, conobbe Von Humboldt, il poeta Novalis, il filosofo Herder. Nello stesso periodo strinse amicizia con i giovani intellettuali che facevano capo al Movimento Romantico: Goethe, Schelling, Hegel; accanto alla poesia amava studiare filosofia, soprattutto Platone e Kant. Pertanto negli anni di Tubinga il suo spirito inquieto e tormentato si alternava a speranze, disperazione e disinganni.
Hölderlin volle seguire tenacemente la propria vocazione, più profonda e più congeniale: essere poeta, inseguire ideali di perfezione e armonia e attraverso Schiller addentrarsi nell’esperienza della Bellezza, ritrovare nel mondo antico e soprattutto nella poesia greca di Omero, Sofocle e Pindaro la sintonia con la natura: l’elegia diventava un modo di essere in armonia e in unità col Tutto.

In foto, con Hölderlin, Susette Gontard (nata Borkenstein; 1769-1802), soprannominata Diotima dal poeta tedesco Friedrich Hölderlin. Fu l’ispirazione per il romanzo di Hyperion, pubblicato nel 1797-1799.


Con le sue riflessioni e ricerche Hölderlin partecipò al dibattito culturale romantico, approfondì il tema della conoscenza del mondo antico, di cui rivelò originalità e universalità. Diotima (Suzette Gontard) rappresentava l’armonia dello spirito, grazia e nobiltà, pace e vita, spirito, sentimento e aspetto sono una beata unità in questa creatura (lettera a Neuffer fine giugno 1796). In tal modo in Diotima il poeta Hölderlin celebrava una serenità più che umana. Inoltre cominciò a riflettere sul tema dell’Infinito e fu attratto dal fascino dell’ignoto e dall’incommensurabilità dell’essere, di fronte a cui, nello stesso tempo, provava sgomento; anche se lo spirito sentiva a sé affine la realtà (l’infinito), tuttavia l’intelligenza razionale temeva di esserne sopraffatta. L. Mittner lo definisce “cantore dell’etere”.
“Alla Dea dell’Armonia”, ossia alla Natura, è dedicato un Inno, in cui Urania, Musa dell’Astronomia e dell’Armonia dell’Universo, è essa stessa il Divino, la natura è viva, perché dà la vita.
Essere uno con il Tutto, questo è il vivere degli dei. Essere uno con tutto ciò che vive! Un Dio è l’uomo quando sogna, un mendicante quando riflette… Da Hyperion (I, 1).

Hölderlin sosteneva che l’uomo doveva raggiungere la pienezza della sua umanità e che solo la poesia attraverso la bellezza poteva ricostituire l’armonia perduta, ricomporre l’unità spezzata e ritrovare l’Assoluto; il rigore logico, la finezza dello stile, la perfezione del gusto artistico avevano i loro modelli nel mondo classico e lì soprattutto, nella classicità greca si dovevano ricercare. Da qui l’interesse per lo studio del latino e greco appunto per la loro capacità di formare lo spirito; per Hölderlin la cultura greca era perfetta, perché era cultura religiosa fondata sulla fede della presenza degli dèi in mezzo agli uomini. L’amore per la sua Patria era sempre interpretato dal poeta nell’ottica dell’amore per l’antica Grecia.
Il messaggio del poeta non è tanto nel pensiero quanto nella parola poetica, che ha un potere evocativo superiore ad ogni parola filosofica. Per lui la filosofia nasce dalla poesia, perché è la bellezza a mettere l’uomo in contatto col Tutto infinito. La poesia di Hölderlin è eminentemente soggettiva e personale; il suo pindarismo è sempre più intimo e silenzioso, dando l’impressione di trovarci di fronte ad un autore che sempre più ci sfugge.
Nel 1807, in seguito ad una crisi, Hölderlin fu ricoverato in una clinica psichiatrica a Tubinga, ma nell'autunno del 1807 fu affidato alle cure della famiglia del falegname Ernst Zimmer. Visse gli ultimi trentasei anni della sua vita in una stanza all'ultimo piano della casa a forma circolare e per questo motivo chiamata "la torre", la stanza si affacciava su uno splendido paesaggio del fiume Neckar e della sua valle. I fiumi della Patria a cui dedicò degli Inni, hanno un che di sacro o di nostalgia del sacro.
Continuò a scrivere e a improvvisare musica al pianoforte. Per tutti coloro che gli facevano visita scrisse brevi poesie in rima con data e firma fittizie, es. Scardanelli, simbolo di una realtà rifiutata. Morì a Tubinga il 7 giugno 1843. Da Friedrich Hölderlin, Frammento di Iperione; Le Liriche; Diotima e Holderlin. Lettere e poesie; La morte di Empedocle.

Posted

12 Aug 2021

Storia e Filosofia


Tina Ferreri Tiberio



Foto dal web





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