La manipolazione genetica

Da Stefano Nespor. “L’uomo decifrato in Vita, morte e miracoli” di Stefano Nespor, Amedeo Santosuosso e Roberto Satolli

In base a quali criteri giudichiamo che un’azione singola, una pratica sociale o una misura governativa sia giusta e condivisibile o ingiusta e scorretta? È pensabile che si possa individuare un unico criterio di giudizio del comportamento morale, sia individuale che collettivo?
Con il concetto relativamente nuovo di bioetica si designa quel ramo di etica applicata che si confronta con i problemi della vita (dal greco: bios); la bioetica in senso stretto si occupa della vita e della morte degli esseri umani.


Sappiamo, d’altronde, che l’etica intesa come disciplina che conduce un’indagine razionale sulle norme e i criteri di essere e di agire, sorge e si sviluppa soprattutto nei periodi in cui manca o si attenua un Ethos condiviso, in cui il patrimonio dei costumi e dei comportamenti vissuti in maniera irriflessa da una comunità, perde il suo carattere di evidenza.
Da qui nasce l’interesse per l’etica normativa che è il piano di elaborazione delle teorie etiche e più recentemente, per l’etica applicata a diversi settori dell’esperienza umana, in particolare per per la bioetica; questo interesse riguarda interventi sul patrimonio genetico, i primi tentativi di clonazione, ibridazioni di specie vegetale ed animale, tecniche di fecondazione artificiale, utilizzo di embrioni umani per esperimenti, tecnologie dei trapianti, controllo delle nascite, ecc.

Nel 1973 lo scienziato americano Paul Berg scriveva alla National Accademy of Sciences, mettendo in guardia la comunità scientifica sui rischi della manipolazione genetica e nel 1974 ad Asilomar, sulla costa americana del Pacifico, organizzava la prima conferenza scientifica in cui si decideva la moratoria sugli esperimenti sul DNA; nel 1980 Paul Berg, con Walter Gilbert, riceveva il Premio Nobel per la chimica.
Nel 1975 aveva luogo la seconda conferenza scientifica di Asilomar, che sospendeva la moratoria e nel 1977 Cohen Boyer effettuava il primo trasferimento di geni su un microrganismo.
Sin dal 1983 in Francia si istituì il Comité national d’éthique, formato da 36 membri. Nel 1985 la Corte del Columbia District, negli U.S.A, proibiva l’immissione di microrganismi geneticamente modificati nell’ambiente, ma nel 1987 il divieto del 1985 veniva annullato dalla Corte d’Appello e si produceva la prima pianta da DNA manipolato.
Nel 1990 si brevettavano i primi geni umani e si effettuava il primo trapianto genico sull’uomo; nel marzo del 1990 in Italia si istituiva un Comitato Nazionale di bioetica, composto da 40 membri. Nel frattempo nel 1991 veniva presentata la domanda di brevetto del patrimonio genetico di un essere umano e nel 1992 “era decifrato” un intero cromosoma: era quello del lievito di birra.
L’ingegneria genetica ha permesso ai ricercatori di spaccare il DNA e creare proteine che espletano funzioni critiche nell’organismo umano. Ma la progettazione dei farmaci, per esempio, ancora oggi, si ferma di fronte alla incognita di come possa reagire il nostro corpo alla violazione del patrimonio genetico.

Stanley N. Cohen, un biochimico della Stanford University, Nobel per la Medicina nel 1986, con Rita Levi Montalcini, in un articolo dal titolo La manipolazione genetica, comparso su “Scientific American” e sulla rivista italiana “Le Scienze” nel 1975, affermava che tagliare il DNA non basta, bisognava saldare insieme due pezzi di DNA di diversa provenienza, per ottenere quella che i biologi chiamano “molecola ricombinante”. Dobbiamo aggiungere che, con la scienziata italiana, Levi Montalcini studiò il fattore di crescita delle cellule nervose.
Con il DNA ricombinante oggi si producono ormoni, come l’insulina o l’ormone della crescita, farmaci contro l’infarto, vaccini, fattori per la cura dell’emofilia, la ricerca sul virus dell’AIDS.
Perplessità sono sorte di fronte alla grande potenzialità delle terapie geniche, il cui scopo è quello di iniettare materiale genetico sano per curare i geni malati. Gli scienziati hanno ormai messo a punto tecnologie avanzatissime per veicolare il materiale genetico e i ricercatori del celebre progetto Genoma, che in tutto il mondo sono stati e sono al lavoro per leggere l’intero patrimonio genetico umano, portano ogni giorno nuove notizie su frammenti di DNA, che sono responsabili di questa o quella malattia.
Ma che cosa accade nel corpo che deve “digerire” il nuovo gene?
La motivazione primaria del Progetto, sostanzialmente, era stata quella stessa curiosità prometeica che aveva spinto l’uomo del XX secolo ad investire fortune immense per “andare a vedere” direttamente cosa c’è sulla Luna o su Marte.
Stefano Nespor, Amedeo Santosuosso e Roberto Satolli, in Vita, Morte e Miracoli, affermano che ciò che merita di essere discusso e non solo tra scienziati, non è la velleitaria possibilità di arrestare il passo della conoscenza genetica, ma “la modalità” con cui deve avanzare e gli effetti che possono derivarne.
“La sequenza completa del DNA umano è il Graal della genetica”, così affermava Walter Gilbert di Harvard, sin da quando, nel 1986 si cominciò a parlare dell’argomento e Gilbert ha ricevuto il Premio Nobel nel 1980, appunto per aver inventato il modo di decifrare le sequenze di molecole di DNA.
Si è discusso assai vivacemente negli Stati Uniti ed anche in Europa, sulla possibilità di ottenere il brevetto sulle sequenze di DNA trovate in natura, perchè tali sequenze “sono da considerarsi scoperte e non invenzioni” ed il precedente degli antibiotici, infatti, ha dimostrato che anche sostanze naturali possono essere tutelate commercialmente, quando vengono proposte per usi commerciali.

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20 Nov 2020

Attualità e tendenze


Tina Ferreri Tiberio



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