La psicologia come scienza autonoma

La nascita della psicologia come scienza autonoma è fatta risalire ad un gruppo di studiosi che, riuniti attorno alla figura del fisiologo Wundt, diedero vita a Lipsia, nel 1879, al primo laboratorio di psicologia sperimentale

Psicologia è una parola composta da due etimi derivanti dal greco antico (psyché - lógos) che letteralmente significa “studio o discorso attorno all’anima”. È proprio tale vocabolo anima a indurre in equivoci e forse anche questo ha contribuito ad inficiare lo sviluppo stesso, auto-nomo, della psicologia come scienza autonoma. Purtroppo anche oggi si abusa del termine “psicologia” e di ogni sua aggettivazione; ad esem-pio, “quell’uomo ha un intuito psicologico”, “la psicologia del Man-zoni” e via elencando.

Comunque tutto questo non ha inficiato minimamente o non inficia lo sviluppo della scienza che vuol stabilire o cercare di stabilire le leggi della mente e della condotta umana.
Problemi quelli detti sopra che richiameremo, chiarificando i termini. Se la psicologia come scienza ha un retaggio rintracciabilissimo, ciò non esclude che tale sia nata con l’uomo come bisogno di capirsi, di comprendere come avviene una tal azione in che si differenzia dall’altra: azione – ripetiamo – a livello mentale. La scienza della condotta mentale o delle leggi mentali (che dir si voglia) perché è così giovane?
Legata strettamente alla filosofia, la quale intendeva come psicologia lo studio dell’essere, che diveniva problema ontologico e non sperimentale o – ancor più tardi – relegata a problema dell’anima, dell’ “io come anima sostanziale” (Psicologia razionale), annoso problema che fu dissolto da Kant nella sua celeberrima Critica della Ragion Pura (1781), opera cui il filosofo tolse validità – tramite la rigorosa costituzione delle forme mentali – ad ogni “io” che volesse rapportarsi come “anima” o si identificasse come anima sostanziale.

Eppure Kant negò sempre validità alla Psicologia: il perché è facile da spiegare. Nel 1700 la psicologia come scienza non si poteva certamente interpretare rigorosamente e matematicamente come oggi.
Gli stessi studi di medicina erano molto empirici e non si conosceva la fisiologia come oggi: immaginiamoci lo studio dei fenomeni mentali i quali, peraltro, erano oggetto di studio della psichiatria (branca della medicina che s’interessa tuttora di sanare le malattie della mente).
Sarà bene ricordare che la stessa psichiatria nascerà come scienza solo nel secolo dei Lumi: ricordiamo le influenze tra fisico e morale di Cabanis, legato Ph. Pinel – il primo grande psichiatra – con Esquirol. Quando Pinel decise di liberare dai ceppi e dare catene le ammalate di mente della Salpêtrière eppoi i malati maschi del Bicêtre, riconobbe nella malattia mentale (detta mania da cui manicomio), non un peccato, una trasgressione a regole divine – bensì un disturbo, una malattia naturale, umanissima. E ciò è molto importante in quanto si veniva a decolpe-volizzare ogni malato di mente dall’accusa di essere indemoniato.

Come l’uomo ha il suo disturbo fisico (sia questo una polmonite, o la pressione arteriosa troppo alta) così, alla stessa stregua, dovrà considerarsi il malato di mente. Bisognerà ricordare che noi abbiamo usato la parola “indemoniato” nel parlare di malato di mente in quanto ha – purtroppo – una reale constatazione storica. In un certo periodo (XV secolo) – come ricordano G. Zilboorg e G. Henry nella loro, sebbene imprecisa, A History of Medical Psychology, New York, 1941 e trad. it. per Feltrinelli, 1973 – nacque il famoso Malleus maleficarum (Il martello delle streghe, un manuale scritto da due domenicani per individuare le “streghe” e come punirle), che è il triste resoconto di epoca piena di pregiudizi, dove si veniva ad abbandonare le teorie dei grandi medici come Ippocrate e Galeno per abbracciare l’idea del peccato e associarla con quella della malattia.

Il medico e lo “psichiatra” divennero più giudici “morali”, predicatori di virtù e insulsi tabù, che tecnici preparati e specializzati a curare, ma non solo, a consolare (soulanger) , come disse Cabanis nel suo Du degré de la certitude de la médecine (1789) il sofferente. Pertanto tanti sospetti verso la psicologia come scienza (vista la situazione della medicina e della psichiatria in particolare), nonché la sua subordinazione a problemi filosofici e teologici, dovettero attendere l’humus favorevole per esser dissolti: l’età del Positivismo. La grandiosa opera umanizzatrice di Ph. Pinel o della rivoluzione ippocratica si trova ben teorizzata nell’opera Trattato medico-filosofico sull’alienazione mentale del 1809 (l’opera omonima del 1800 manca di una trattazione teorica apparsa invece nella seconda edizione succitata).

Età del Positivismo significò, per tale scienza, muoversi sul concreto, sullo “esperimentabile”, sulle nuove conquiste fisiologiche, anatomiche, chimiche e soprattutto sganciarsi da quella filosofia che aveva considerato l’anima come frutto del Logo, dello Spirito Assoluto.
Hegel e Marx non considerano la psicologia come scienza, ma neppure un positivista, anzi il fondatore del vero e proprio positivismo, come Comte. Anch’egli si rende conto che la psicologia non è in grado di svilupparsi autonomamente se non con il rischio di cadere nella teologia o nella filosofia, onde per cui nella sua sistematizzazione del sapere, non appare la scienza psicologica in quanto inglobata da vere “scienze” come la biologia, la zoologia e la fisiologia. Mentre Comte giustificava tale sua operazione in nome del Sapere scientifico, in Germania e precisamente a Lipsia, uno scienziato come Wundt (1832-1920) fondava non solo il primo laboratorio di psicologia vera e propria ma anche una rivista a orientamento prettamente psicologico, dando estrema fiducia alla scienza nuova che qui interessa precipuamente.

Notiamo bene: G. Wundt era uno studioso di fisiologia e interessato agli studi di filosofia, “disciplina” che insegnava proprio nell’Università di Lipsia, assieme alla psicologia. Tutto questo ci fa capire la duplice origine della psicologia come scienza: apporti fisiologici e bagaglio filosofico senza essere né pura fisiologia né pura filosofia ma una “creatura del tutto nuova”. In effetti, Wundt tenne subito a precisare che la nuova fisiologia psicologica sperimentale (cioè la sua scienza) non s’occupava dell’influsso tra anima (immortaIe o meno) e corpo, bensì divise preventivamente la Coscienza, il mentale, dal Corpo. In Wundt c’è un esplicito parallelismo tra corpo (soma) e attività mentale o coscienza consapevole e in tal modo potrà eseguire i suoi esperimenti come nelle altre scienze si facevano e si fanno. Da studioso di fisiologia, comprese il vantaggio che si ha nella sperimentazione e del bisogno del sistema nervoso per spiegare tanti “atti coscienziali”. La fisiologia infatti, non è altro che lo studio sistematico degli organismi viventi, delle loro funzioni, onde per cui s’implica in modo palese il supporto di un sistema nervoso. Da “filosofo”, tolse in modo chiaro ogni qualità divina all’anima: ciò che egli studiò era la coscienza che vorrebbe analizzare, scomponendola e donando valore effettivo all’esperienza. Una scienza deve essere esperimentabile altrimenti la “nuova scienza psicologica” ritornerebbe piano teorico della Filosofia.
La filosofia non si serve delle categorie scientifiche, bensì di categorie extra-scientifiche, teoretiche, esulando dall’esperienza delle prove di laboratorio.

Ma v’è una grande distinzione oltre quella dovuta ai rapporti tra fisiologia e psicologia, filosofia e psicologia ed è questa: prima abbiamo parlato di psicopatologia (lo studio organico, teorico e sistematico delle malattie mentali) e di psichiatria (nevvero con quali mezzi ed accorgimenti si curano le malattie mentali).
Che differenza quindi esiste tra psicologia e psichiatria? La psichiatria è la branca della psicopatologia, ossia come tentare di curare i disagi mentali, invece la psicologia si presenta come la scienza che si propone di studiare le leggi del funzionamento mentale, non patologico.

Posted

11 May 2022

Storia e cultura


Enrico Marco Cipollini



Foto dal web





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