La Sconosciuta. Recensioni di R. Pugliese e M. Quarin

Il romanzo poetico di Maria Teresa Infante La Marca scritto nell’Ora ma destinato al Sempre

Non esistono capitoli in quest’opera che ha l’apparente struttura di un romanzo ma è poesia. È prosa poetica che ci viaggia sulle teste come un dirigibile senza meta in balia di un solo vero protagonista: il destino. Il tutto avviene in un luogo non luogo abitato da decisioni mancate o sfiorate alla ricerca di “un trafugare ancora un giorno alla vita piuttosto che lasciarla appassire”. Sembra che ogni rigo debba condurci verso un addio, ogni verso “oltre le finestre che chiudono i battenti ai sogni”.
Molteplici le letture che dalle pagine sgorgano a fiotti, come un treno con i suoi passeggeri, crisalidi in attesa che il viaggio si compia; fermate e ripartenze tra il vuoto della quotidianità e l'aspirazione all'amore, “perché senza amore si è morti pur vivendo”.

La Sconosciuta è un'opera che induce a riflettere su sé stessi, su come e perché accettare il cambiamento, inteso come superamento dei confini tracciati all’interno delle case, da una finestra. Cambiare è lasciarsi qualcosa alle spalle, è un morire per rinascere. Allora bisogna sapersi spingere oltre il davanzale, oltre le colonne d’Ercole, a un’ora dal destino “verso un non luogo dove non serve viaggiare per giungere a destinazione”. E se “l’amore è una rapina dell’anima” (Platone) conviene lasciarsi andare al mito di Amore e Psiche, percorrendo strade sconosciute all’ordinario. Un passaggio profondamente lirico della Sconosciuta “Il bianco è la stasi, il non colore” mi ha rimandato immediatamente a Cecità di Saramago in cui la cecità dei protagonisti non è data dall’oscurità ma da una sorta di bianco abbacinante. Lo stesso bianco accecante che è stasi, quel non colore che rappresenta, in fondo, l’incapacità di imbrattare la tela, l’assenza di emozioni che ci allontana dall’essenza, rendendoci “tutti, Ciechi che vedono, Ciechi che, pur vedendo, non vedono.” Leggere La sconosciuta è un po' come navigare a vista, senza soluzione di continuità, è un arrendersi gradualmente alla poesia, lasciando che il rincorrersi di albe e tramonti continui ad accadere.

Rosa Pugliese



Pensavi di leggere un'opera di narrativa. E invece hai viaggiato sulle ali della poesia.
Perché La Sconosciuta si dichiara romanzo, ma è poesia anche nella prosa, poesia pura in ogni sua pagina, in ogni sua riga.
Un lirismo di rara bellezza lo pervade e abbaglia come un mare scintillante che incanta la vista e invade i pensieri, donando loro quel tanto di lucida traspa-renza ai sentimenti e alle emozioni che riusciamo a strappare dalle prosaiche recidive della vita.
Una trama lineare, con tre protagonisti, Lei, Lui e l’Altra, l’alter ego di Lei, risucchiati nel gorgo del-l’amore.
Un amore, mi scrive l’autrice, che è “sentimento nobile, sempre puro, innocente anche quando si pre-senta con tale potenza da sconvolgere intere esistenze”.
Non capita spesso che una lettura sveli il filosofo e lo psicologo che è in te, se solo ti concedi all’aura che è sopra di te, sopra il tuo corpo materiale che sfida il Tempo e il Destino, che dovrebbe accoglie in sé l’altro da sé attraverso l’amore.
E così, magari, riesci a scalfire per un poco la corazza di qualche tua ipocrita freddezza, ammantata di moralismo. E ce n'è bisogno in questa nostra epoca su cui scorre l’opaca nube dell’arroganza, dell’igno-ranza o, peggio, dell’indifferenza.
Finito il romanzo, leggi una poesia che ti sembra, ma forse non è, l'explicit poetico di un’opera lunga una vita: quella di Maria Teresa Infante.



C’è un Tempo in cui/ l’attimo ferma i battiti/ il pendolo ha i minuti contati/ un tempo in cui l’Ora è per Sempre/ è il tempo in cui (si)amo/ e di noi nessun altro/ saprà/ chi fu cielo chi terra/ chi pioggia chi vento/un Tempo che non si può dire.

Marco Quarin

Posted

26 Jan 2023

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