Un prete a difesa del franco-provenzale di capitanata

La minoranza franco-provenzale (o arpitana) in Puglia è una minoranza linguistica stanziata nei due piccoli comuni di Celle San Vito e Faeto e parlante rispettivamente i dialetti cellese e faetano della lingua francoprovenzale

Faeto (in particolar modo) e Celle San Vito, due paesi della provincia di Foggia, sono caratterizzati da un sistema linguistico influenzato dal franco-provenzale, con “inquinamenti” di termini appartenenti a dialetti dauni.
A Celle, il 12 agosto 2012, per celebrare l’ordinazione a sacerdote di don Michele Tangi, si è celebrata una messa solenne proprio in franco-provenzale, tradotta dallo stesso, i cui canti sarebbero stati composti dal fratello Vito.

L’attaccamento alla sua terra di origine ha qualcosa di stupendo, di poetico, di forte. Per di più è stato lui, probabilmente con l’aiuto di altri operatori culturali, il fondatore della rivista Il Provenzale, nel 1968, legata alla vita e alla cultura di Faeto e Celle, divenuta poi, nel tempo, un punto di riferimento importante ed insostituibile per fortificare le rispettive culture originarie dei due borghi della Daunia.
Le messe in franco-provenzano sono continuate fino a quando il Vescovo di Foggia ne ha vietato la celebrazione, preoccupato dall’eventuale insorgere di problemi per la liturgia cattolica.
Tutti gli studiosi sostengono che il franco-provenziale non è un dialetto, ma una lingua minoritaria. Bisogna considerare però, che anche i dialetti dauni sono lingue minoritarie, originate da dialetti greci, quando ancora non esisteva il greco antico.
I dialetti erano antiche lingue sacre, rappresentative solo di alcune zone, ed hanno continuato ad essere tali, fino a quando, per elevare l’Italiano (il toscano), sono state discriminate.
La Provenza fu anticamente abitata dai Liguri, popolo italico di origine pelasgico-hethea, poi dai Greci ed in particolare dai Foceani (Foggiani).

Da qui deriva il franco-provenzale, idioma pelasgico-franco-greco.
I Francesi, secondo la mitologia, hanno origine da Francione, troiano figlio di Priamo. La loro stessa lingua era parlata anche dagli italici con varianti dialettali greche. Ecco perchè il franco-provenziale non è assolutamente estraneo alla nostra cultura e alla nostra storia.
Molte le ipotesi sulle origini del ceppo franco-provenzale in Daunia, ovvero la presenza di compagnie militari provenienti dalla Provenza, di stanza attorno a Monte San Vito, oppure la presenza, ampiamente documentata, di colonie provenzali chiamate a sostituire i decimati saraceni di Lucera e di Capitanata. Una cosa però è certa e documentabile: non furono i franco-provenzali a fondare Faeto e Celle, poichè si hanno tracce della loro esistenza ancor prima della colonizzazione dei francesi, che diverranno poi il nuovo ceppo dominante delle stesse.
Faeto, come il Monte Faito campano (Castellamare di Stabia, Vico Equense), deriva dal mito di Fetonte figlio del Sole, che ebbe, secondo la mitologia, la sciagurata idea di guidare la biga del padre, percorrendo tutta la Via Lattea. E poiché non era in grado di guidare il carro infuocato del padre, provocò enormi cataclismi. Non a caso dunque, il Monte Faito fa parte della catena montuosa dei Monti Lattari (Via Lattea).
Dovremo dunque rassegnarci a non ascoltare più la messa in franco-provenzale di don Michele? No.
Da una trasposizione teatrale dell’opera, il veto del Vescovo perde di significato. Ho pensato alla seguente storia che può essere da stimolo ai Faetani e ai Cellesi.

Una donna aspettava invano il ritorno del marito dalla guerra.
Ogni giorno si recava in chiesa a pregare Cristo e questo non l’aiutava a non cadere in depressione. Ad alta voce pregava il Signore e le sembrava di essere ascoltata e rassicurata. Un giorno si addormentò sul banco e sognò di essere in paradiso dove si recitava la messa in franco-provenzale. Riconobbe tra i sacerdoti alcuni anziani parroci ormai defunti da tempo e tra i fedeli tanti conoscenti defunti anch’essi.
Erano sereni e le trasmettevano gioia e tranquillità, un invito a sperare, a credere fermamente nel ritorno del marito. Non appena venne ufficiato il rito del saluto, si svegliò e quando si
rese conto che era stato solo un sogno, cadde nello sconforto pur
godendo di uno sensazione di serenità che l’aveva ormai conquistata
Si recò da un’amica, abile nell’interpretare i sogni, che le disse: “Maria, stai tranquilla; il sogno è chiaro! Cristo, che hai tanto pregato, ti ha mandato un messaggio dal cielo, perché lui e tutti i partecipanti alla messa in Paradiso sanno che tuo marito ritornerà!”.
Rientrò a casa piena di speranza. La sera, mentre cuciva una calza al lume di una candela, sentì dei passi. Erano i quelli del marito, li riconosceva. Ebbe un sussulto; temeva di restare ancora una volta delusa. Il dubbio però scomparve quando il marito aprì la porta e corse ad abbracciarla.

Posted

20 Sep 2020

Daunia e Puglia tra storia e tradizioni


Angelo Capozzi



Foto dal web





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