Conchiglie

(Ferlini Vanes)


Il vecchio ascolta il ritmo dell’onda e nel battito di questo cuore liquido gli ritorna l’eco di pesche gloriose, il ruggito di Kane, lo spirito del mare, e le grida delle vittime che hanno placato la sua furia.
Seduto sulla sabbia, le gambe scarne, bruciate dal sole, incrociate come se ancora vogasse sulla sua Va’a mentre l’onda gli carezza i piedi, il dolce solletico che la pelle, ispessita dai lunghi passi del tempo, non può sentire.
Il vecchio ha gli occhi bianchi di sale, le labbra secche e il cuore ancora immerso oltre la barriera corallina, dove il mare si accende di blu e diventa infinito.
Il suo sguardo non va oltre il braccio che si allunga a cercare le cose e talvolta trova una mano amica.
Il blu è solo un ricordo ma ogni sfumatura che accompagna le ore del giorno gli è rimasta nel sangue, assieme alla salsedine. Persino le lacrime sono salate, quelle poche versate al tramonto, che è anche il suo morire un poco ogni giorno.
Se la vista difetta, gli altri sensi sono vivissimi, esplodono con una forza vitale che persino in gioventù gli era sconosciuta. Può avvertire l’odore di un temporale che si avvicina, con l’aria pregna di quel particolare sentore asprigno, oppure riconoscere le persone che gli si avvicinano dal profumo della loro pelle, unico e inconfondibile per ciascuno, come un marchio dell’anima.
Sulla sua pelle il vento disegna le mappe del cielo, del mare e delle poche terre sparse nel blu.
La sua lingua racchiude tutti i sapori del mare e la polpa del granchio gli narra di lotte negli abissi.
Ma sopra tutto le orecchie sanno ascoltare il cuore del mare, il fruscio lieve dell’onda o la rabbia schiumosa dei cavalloni, sanno ascoltare il silenzio, dove si conservano le leggende degli antenati, quel silenzio che può acquietare Kane e renderlo benigno agli uomini che escono a pesca, i pochi rimasti.
Con loro il vecchio vorrebbe uscire ancora, per carezzare il dorso del mare con la sua Va’a e cullarsi di nuove speranze. Invece è costretto a rimanere seduto, a gambe incrociate, alzando il braccio con un gesto di benedizione e buona sorte che gli uomini ricambiano, al ritorno, con un pesce e qualche mollusco.
Di quelle conchiglie il vecchio fa collane, inanellando ricordi sul filo del tempo che a ogni tramonto s’accorcia.
"Un giorno il mio cuore sarà come questa conchiglia vuota" pensa il vecchio "immobile e dura e senza più storie da raccontare".
Intanto continua a forare conchiglie con l’ago ricavato dalla pinna di un pesce leone e per cordicella un filamento di cocco.
Riconosce le conchiglie al semplice tatto e i loro colori s’accendono nella sua mente come quando le portava su dal fondale e il grigio-verde del guscio si trasformava in tonalità iridescenti.
Un’antica leggenda racconta che una volta Kane, infuriato nei confronti degli uomini che avevano violato le sue profondità e i suoi segreti, per vendetta portò via dal mondo tutti i colori e li costrinse così a vivere nell’oscurità. Non sapendo però dove mettere tutti quei colori, Kane decise di nasconderli nel guscio delle conchiglie che vivevano tra la sabbia dei fondali.
Gli uomini rimasero a lungo nell’oscurità finché un pescatore coraggioso e dai polmoni forti riuscì a raggiungere un fondale profondo e a riportare in superficie alcune conchiglie. I colori si accesero nuovamente e furono restituiti al mondo.
Da allora, ogni volta che un pescatore riporta in superficie una conchiglia, si crede che i colori vadano a rimpiazzare quelli che Kane continua a rubare di notte.
Il vecchio sorride.
I giovani non conoscono più le storie antiche. Forse non gliele hanno nemmeno raccontate oppure se ne sono dimenticati quando sono andati a lavorare sul continente. I giovani hanno navigato su barche troppo veloci, hanno scoperto nuove terre e una nuova vita ma cosa hanno guadagnato? Un telefono da portare in giro e un po’ di polvere d’oro sotto le unghie, senza rendersi conto che la vera ricchezza è qui, la si sente sulla pelle, la si respira nell’aria.
Il vecchio guarda il mare con la mente e non riesce a immaginare la distanza che lo separa da quell’altro mondo, “il continente”, con i suoi mostri di acciaio e cemento che vomitano vapori e avvelenano l’acqua e un po’ anche l’anima dei ragazzi.
"Un uomo senza radici è come un albero senza radici: non può nutrirsi e muore in fretta".
Il vecchio pensa ai ragazzi partiti e mai più rivisti e ai pochi tornati, delusi dal paradiso artificiale della città ma nel contempo ormai estranei a questo luogo di primordiale semplicità, tanto da aver smarrito il senso di appartenenza e non credere più nemmeno alle storie degli antenati.
"La città li ha sradicati, come la tempesta abbatte per primi gli alberi più giovani, e adesso non sanno più chi sono, non appartengono a nessun mondo".
Il vecchio fora le conchiglie con gesti metodici e intanto recita a fior di labbra la litania propiziatoria per una pesca generosa. Da tempo ormai gli è precluso prendere il mare e tuffarsi, deve accontentarsi di rimanere seduto ad aspettare il passaggio di banchi di pesci stranieri e frettolosi.
Il vecchio invoca la benevolenza di Kane, che gli elargisca il sostentamento per un giorno in più. Non ha molta voglia di vivere ma sa che, pur essendo appena un granello di sabbia nel tutto, nel suo respiro vive il respiro degli antenati, il suo cuore batte al ritmo del mare e dell’universo e lui, povero vecchio dagli occhi bianchi di sale, può forse tradire tutti loro?
S’avvicina l’ora in cui la brezza cambia direzione e prende a spirare da terra, mentre la marea si ritira per un centinaio di metri lasciano allo scoperto banchi di sabbia inanimata.
Il vecchio ricorda quando, al calare della marea, andava a pesca di crostacei e conchiglie e per quanti ne prendesse, il giorno seguente gremivano di nuovo i bassi fondali. Sembravano infiniti, inesauribili nella loro abbondanza quotidiana. Invece con gli anni sono andati scemando fin quasi a scomparire.
"Colpa dei veleni della città, che arrivano fin qui trasportati dalle correnti" pensa.
Il vecchio non sa che la città più vicina è distante migliaia di chilometri e che tutto l’Oceano si è impoverito e i veleni corrodono anche la terra.
Il vecchio ode il canto dell’isola trasportato dalla brezza. È un alito caldo che attraversa la vegetazione, accarezza le palme, scavalca le dune di sabbia e si riversa in mare portando il lamento di una terra che muore ogni giorno, un po’ divorata dal mare che si porta via le spiagge e un po’ tradita dalla gente che se ne va oppure che rimane adorando il nuovo Dio venuto dalla città, quel denaro che qui arriva solo in spiccioli ma che un giorno, dicono, potrebbe ricoprire tutta l’isola.
Ecco allora che qualcuno comincia a piantare pali, segnare confini, disegnare progetti. E lui, vecchio pescatore dagli occhi bianchi, non possiede nemmeno la sabbia su cui è seduto.
Un ronzio in lontananza, come una mosca sulla carcassa di un granchio.
Conosce bene quel rumore, puntuale ogni sabato e ogni domenica pomeriggio, a volte anche il giovedì. Si avvicina veloce e presto diventa il rombo di un fuoribordo.
L’imbarcazione compie un’ampia virata per costeggiare un banco di sabbia, spegne il motore e sull’abbrivio si arena dolcemente sulla battigia.
Esclamazioni, grida di bambini, chiacchiericcio confuso. La sabbia corallina profanata da infradito, zoccoli, sandali di plastica.
I barbari si sparpagliano sulla spiaggia, incuranti dei richiami della guida.
Il vecchio cerca di sorridere ma sul viso si dipinge una smorfia di disgusto. Eppure deve sforzarsi, deve fare una pesca abbondante e sbrigarsi perché i pesci se ne andranno tra un’ora o poco più.
Lancia il suo richiamo intonando un’antica nenia e si accompagna scuotendo le collane di conchiglie. I pesci si avvicinano incuriositi e vocianti, attirati e quasi ipnotizzati dai colori sgargianti.
Il vecchio sorride facendo però attenzione a non mettere in mostra i denti gialli e cariati che fanno scappare le prede.
"Non troverete mai conchiglie così belle" vorrebbe dire ma sa parlare solo la lingua degli antenati, quella che ormai è andata persa perché nessuno parla più con il mare.
Pochi minuti e la comitiva se ne va, distratta e selvaggia verso una nuova meta da divorare.
Nelle mani del vecchio rimangono alcune banconote, di cui ha imparato a riconoscere il valore in base alle dimensioni.
Un prezzo comunque miserevole per tutto ciò che la civiltà si è portata via.