L'incudine tra corpi armonici

(Centofante Gino)


Passi ovattati su una terra abbandonata,
suole ingiallite, consumate, da un’esperienza stronza,
noi, ultimi per caso dietro un carro di stenti,
vivi per morire,
dietro cespugli rosei nella volgarità di corpi minacciati.
Le domeniche nelle piccole felicità,
il suono mai causale alle nostre emozioni,
l’archetto fuoriposto come le tue ciocche debuttanti,
e sembrava amore, sembrava l’inverno al contrario.
La miseria di certi amori
e il pensiero di crederci, credersi eterno,
nonostante la madre Morte,
nonostante i tuoi occhi neri ballerini,
i tuoi seni florenti sgangherati,
le tue risa scarne abbandonate da una vita, forse misera.
Ed eccoci qui,
di nuovo dietro filtri d’amore di natura,
insicuri della vita che sarà,
dell’amore che è,
di un refolo perpetuo d’accordi che mai è povertà.