Equatore - Bassa marea

(Arecchi Alberto)


L’onda sciaborda. La marea sta scendendo.
Nel pieno della notte, i frangenti dell’alta marea generavano rimbombi cupi, come tuoni ripetuti, nel bosco di palme e mangrovie.
Ora invece l’acqua scende, calma si ritira e lascia dietro di sé strisce di sabbia, con pozze salmastre, granchi che corrono frenetici di qua e di là, patelle incollate agli scogli e piccole vongole, che timide si ritirano nella sabbia che si asciuga.
Al largo, la barriera corallina appare come una cresta bianca, al di là d’una fascia di mare verde come smeraldo, luminosa e brillante come gli occhi d’una ragazza.
Il vento di traverso trasporta piccole onde brillanti, parallele alla spiaggia. Sul fondo dell’orizzonte il cielo è d’indaco intenso, più scuro del verde del mare.
Stracci di nuvole bianche s’inseguono nel cielo sereno. Una nuvola copre rapida il sole che già si accendeva cocente, il vento si raffresca e cadono le prime gocce di pioggia. L’orizzonte si è appannato, lo stormire più forte delle fronde prelude a uno scroscio di temporale. La pioggia arriva a raffiche successive.
Mi piace restare a bagnarmi sulla spiaggia.
Una coppia di uccelli cinguetta dall’albero alle mie spalle.
Poi, con la stessa velocità con cui era venuta, la pioggia cessa e il sole ritorna. Comincia un’altra giornata, su questa terra che sembra reggere impassibile il passare dei secoli.
Generazioni di pescatori, marinai, pirati, trafficanti di schiavi e mercanti di spezie si sono avvicendate su questa spiaggia, hanno calcato queste sabbie prima di me. Le loro vele, affilate come pinne di squali, hanno solcato questo mare.
Dove è finita la musica insistente delle loro arpe, dove i morbidi profumi d’incenso e di mirra? Tra qualche anno, qui, solo turismo e spazzatura.