Turgida Gemma

(Galli Sabrina)


È un’asettica primavera.
Rabbrividisce
aderendo al dorso
di un permanente inverno.
Indossa abiti lacerati
dai graffi di nevralgie;
sono fossili di giorni vissuti.
Mi riconosco
in una turgida gemma
che cade
lungo i seni spogli
di nutrimento
della novella stagione.
Mi arresto
sul vello di neve che ricopre
fiori di campo senza vita.

Ma il cielo è una spugna
che assorbe il lamento.
Lo intride d’ infinito,
alimento per stupore e poesia:
mentre germoglio nel sapore rosso
di una bacca di sambuca
tra la neve sciolta.
L’erba appare a sprazzi.
Sono una pedina
sopra ad un informe quadratino smeraldo
di una scacchiera bianca e verde.
Scelgo la mia mossa e avanzo.
Rincomincio la partita
con le mie fragilità.